Cosa succede se un dipendente consegna la lettera di dimissioni e successivamente si pente di questo gesto chiedendo di essere reintegrato?
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Il datore di lavoro ha di fronte due strade, procedere con la riammissione oppure negare la pretesa del lavoratore, andando tuttavia incontro a una possibile richiesta di risarcimento danni.
La Corte di Cassazione (sentenza 22063/14 del 17 ottobre 2014) ha infatti affrontato il caso di un dipendente che, dimessosi spontaneamente, ha poi richiesto il reintegro ammettendo di aver preso una simile decisione in un momento di incapacità di intendere e volere.
Secondo i giudici, anche confermando l’annullamento delle dimissioni e il reintegro del lavoratore in azienda, quest’ultima non tenuta a risarcire alcun danno ma solo a versare le retribuzioni maturate nel tempo intercorso tra la data della sentenza e il ripristino della posizione lavorativa.
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La richiesta di annullamento delle dimissioni, infatti, non è affine al licenziamento illegittimo che consente il pagamento degli stipendi anche in assenza di attività lavorativa, considerando anche il fatto che, in casi come questi, si parla di una vera e propria sospensione del contratto di lavoro.