È oramai finito il tempo del volontarismo. E il volontariato sta entrando a pieno rigore nel novero dei principali settori delle economie occidentali. Questo in primis per via della crisi dello Stato sociale, esasperata ora ancor più da casse pubbliche sempre più esangui. E così le più avvedute fra cooperative sociali, onlus, ong e fondazioni iniziano a dotarsi di regole di gestione certe ed orientate al risultato. A questo punto, dov’è la differenza fra un’azienda no profit e una for profit?
Innanzitutto, nel fatto che un’azienda for profit è orientata al profitto, mentre una no profit è orientata ad offrire un servizio pubblico. In ogni caso, il risultato finale consiste nella produzione di benessere. Nel primo caso, si tratta di benessere per lo più confinato al profitto dell’azienda. Nel secondo, il benessere è risultato del servizio sociale offerto.
Anche nel caso di una fondazione, magari di origine bancaria, il benessere sociale è ciò che viene prodotto tramite le attività finanziate dalla fondazione stessa.
In un’epoca in cui lo Stato è sempre meno garante di coesione sociale, anche ricchezza e produttività possono essere fortemente sostenute dal ruolo del terzo settore. Settore che se vuole acquisire più credibilità deve dotarsi di strumenti manageriali completi. Di qui la scelta iniziale di esperti di gestione d’impresa che, verso il termine della carriera, decidono di mettere le proprie competenze al servizio del terzo settore, aprendo la strada ai più giovani.
Per poter beneficiare di contributi pubblici mirati, onlus, ong e altre forme di imprese sociali devono dotarsi di regole di gestione improntate all’efficienza. Di qui la sempre maggior richiesta di figure specializzate nel management, particolarmente per quanto riguarda l’attività di fund raising, ma anche nell’idividuazione di strumenti volti a misurare gli effetti dell’operato dell’impresa sociale nelle comunità di riferimento.