I lavoratori che adottano forme di flessibilità come il part-time in Italia sono penalizzati in termini di valutazione annuale, sviluppo di carriera e retribuzione. Lo sostiene una ricerca effettuata dall’Osservatorio Diversity Management della SDA Bocconi.
Il confronto tra la situazione italiane e quella internazionale non depone a favore del nostro Paese: all’estero quelle aziende che incoraggiano un ruolo di maggiore responsabilità del dipendente anche nella gestione del proprio tempo riescono a creare condizioni favorevoli ad un maggiore coinvolgimento delle persone.
Le conclusioni dell’Osservatorio si basano sui dati dello studio pilota condotto sulla popolazione aziendale di una grande impresa italiana capillarmente diffusa sul territorio, nel periodo 2007-2010. Dalle rilevazioni emerge che i lavoratori con contratto part-time vengono penalizzati in termini di valutazione della performance, avanzamento di carriera e retribuzione a vantaggio della forza lavoro impiegata full time.
Secondo Simona Cuomo, coordinatrice dell’Osservatorio Diversity Management, “la nostra ricerca dimostra che la flessibilità può essere un traino in grado di generare valore per l’individuo e per l’impresa, a patto che vengano superate alcune idee radicate e poco ‘flessibili’che relegano lo stesso concetto ad uno strumento di taglio dei costi”.
Flessibilità in Italia significa inferiorizzazione del lavoro e sua precarizzazione piuttosto che opportunità per creare valore, migliorare le performace economiche e a livello sociale, come strumento per incidere positivamente sulla qualità della vita, sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori e dei cittadini.
Il problema va aggredito alla radice, in una cultura di impresa che premia il presenzialismo in azienda a dispetto del raggiungimento effettivo di risultati. “Il quadro culturale delle imprese italiane valorizza l’overtime, come simbolo di fedeltà all’organizzazione indipendentemente dalle performance. Di conseguenza, le tipologie di flessibilità adottate dall’impresa tendono ad essere svalutate culturalmente: o vengono proposte a cittadini organizzativi ritenuti poco performanti. Chi decide di adottarle per motivi legati alla conciliazione di aspetti della propria identità viene stigmatizzato come poco produttivo e quindi immediatamente escluso dai percorsi di sviluppo dell’impresa” conclude Cuomo.