Si parla spesso delle retribuzioni dei top manager statunitensi, caratterizzate da importi da capogiro considerati sproporzionati se confrontati con le buste paga dei semplici lavoratori e, soprattutto, con gli stipendi percepiti dagli amministratori delegati negli altri paesi del mondo.
Una teoria portata avanti dal professor Pedro Matos docente presso la Virginia Darden School of Business, e dal suo team di lavoro, che ha esaminato i dati salariali relativi ai CEO da 1.648 imprese statunitensi e 1.615 aziende provenienti da 13 paesi nel mondo, giungendo a risultati sorprendenti.
Secondo gli studiosi, infatti, non solo amministratori delegati americani guadagnano stipendi paragonabili a quelli dei CEO internazionali (solo per fare un esempio, Sergio Marchionne guadagnerebbe 6400 volte lo stipendio di un operaio FIAT), ma la loro retribuzione deve essere valutata in base alla struttura di società, al tipo di azienda e agli assetti proprietari.
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«Inizialmente, gli stipendi dei CEO degli Stati Uniti appaiono raddoppiati rispetto ai CEO di altri paesi, ma ci sono molte differenze nel modo in cui operano le aziende degli Stati Uniti rispetto alle loro controparti internazionali.»
Sono gli stessi sistemi di retribuzione statunitensi a essere differenti, secondo la ricerca, infatti, a far lievitare le paghe degli amministratori delegati USA sono spesso le concessioni gratuite ai top manager di stock option, vale a dire le acquisizioni di azioni dell’azienda a un certo prezzo d’esercizio.
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Un altro parametro che influisce notevolmente nel calcolo dello stipendio degli amministratori delegati americani, precisamente il valore creato da questi top manager per gli azionisti dell’azienda. Solitamente, infatti, al raggiungimento della “performance minima” attesa dall’azionista deve seguire una sorta di premialità per il manager, al quale viene parte del valore da lui creato.