Se l’azienda può contare su un Amministratore Delegato donna e sulla presenza di altre esponenti del sesso debole nel CdA, i profitti sono destinanti ad aumentare anche del 18%. Questa teoria è sostenuta da uno studio condotto all’interno dell’Università Bocconi da Alessandro Minichilli e Mario Daniele Amore.
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La ricerca “Gender Interactions within the Family Firm”, che sarà pubblicata su Management Science, focalizza l’attenzione sui benefici che un Consiglio di Amministrazione a maggioranza rosa è in grado di portare alle aziende caratterizzate da una gestione familiare: se un CEO donna ha la possibilità di interagire con altre donne nel CdA, infatti, i profitti possono subire un incremento notevole.
Lo studio, che si basa sull’analisi di un database che comprende tutte le aziende italiane a controllo familiare e con fatturato che supera i 50 milioni di euro, sembra mostrare una maggiore incidenza di questo fenomeno nelle imprese di piccole dimensioni e nelle quali i consiglieri donna non appartengono alla famiglia che gestisce l’azienda stessa.
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Ecco che cosa sostengono gli studiosi che hanno guidato la ricerca:
«Primo, la presenza di consiglieri donne può far crescere l’autostima delle Amministratrici Delegate, in un ambito come quello della leadership aziendale, che è considerato tipicamente maschile. Secondo, la cultura aziendale più attenta alle specificità femminili che deriva da una maggiore presenza delle donne nel consiglio di amministrazione può incoraggiare la cooperazione e lo scambio di informazioni al più alto livello, migliorando così la qualità della consulenza fornita dal consiglio di amministrazione.»