L’Italia vanta una popolazione caratterizzata da una longevità superiore rispetto ad altri paesi, tuttavia la penisola vanta anche il triste primato in Europa relativo all’invecchiamento della popolazione in età attiva.
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Se ne è parlato a Milano nel corso dell’incontro “Age management, conoscere la propria azienda per farla crescere”, durante il quale è stata presentata la ricerca promossa da Umana, agenzia per il lavoro: stando ai dati diffusi, nel 2013 ad avere più di 55 anni sarà un lavoratore su 4.
«Nei prossimi 15 anni la fascia d’età 55-64 anni (oggi pari al 15% della forza lavoro complessiva) sarà inesorabilmente destinata a crescere: nel 2030 un lavoratore su quattro (26%) sarà over 55 anni, traghettando l’Italia ai valori più alti d’Europa, insieme solo alla Spagna.»
Una situazione che le aziende nazionali sono chiamate ad affrontare, anche varando strategie per gestire l’impatto generazionale, il trasferimento delle competenze e «l’obsolescenza dei saperi nelle imprese», come ha sottolineato Maria Raffaella Caprioglio, presidente di Umana.
Ma l’invecchiamento dei lavoratori è realmente una criticità da risolvere? Secondo Maria Raffaella Caprioglio è doveroso cambiare punto di vista:
«L’invecchiamento è un problema, e un costo, solo se lo si subisce. ‘Age management’ non vuol dire solamente gestione delle età, ma gestione delle persone nelle diverse fasi della loro vita lavorativa siano esse giovani o anziane, da quando entrano in azienda a quando sono prossimi all’uscita. È necessario possedere una visione dinamica della gestione delle risorse umane che parta da una reale conoscenza della composizione della propria azienda.»
A offrire spunti di riflessione è stato anche l’intervento della sociologa del lavoro Annamaria Ponzellini:
«L’age management è legato direttamente alla produttività di un’azienda, proprio in un momento in cui le aziende vivono un pesante deficit in questo senso. In passato si è intervenuti attraverso il turnover ma oggi, guardando gli indici demografici, non potrebbe più funzionare. In Italia l’investimento sugli over 55 è scarsissimo, ma proprio in questa fase i lavoratori sono poco motivati in produttività e competitività dell’azienda.»