Sì al lavoro flessibile

di Chiara Basciano

19 Giugno 2015 11:00

Ai manager italiani piace il lavoro flessibile, ma non riescono a mettere da parte il contatto diretto.

Sviluppare il lavoro da remoto sta diventando una priorità per moltissime aziende, non solo per il taglio di costi che permette ma anche per la sua stretta correlazione con la produttività. Eppure i dati resi noti da Regus dimostrano che ci sono ancora molte resistenze in Italia.

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Infatti per far sì che il lavoro flessibile sia davvero produttivo si avverte la necessità di avere ancora un contatto diretto, almeno mensile, con i dipendenti e di sviluppare gli strumenti tecnologici migliori. Ciò presuppone un nuovo tipo di organizzazione che non tutte le aziende reputano di facile attuazione.

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Andando a vedere i numeri della ricerca svolta da Regus si scopre che ben l’80% dei manager italiani guarda con favore al lavoro flessibile ma ritengono necessaria una formazione specifica per essere in grado di gestire con successo un team di persone che lavora da remoto.

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La stessa percentuale considera fondamentale un contatto continuo coi dipendenti, di una o più volte a settimana mentre l’84% pensa che i lavoratori flessibili dovrebbero partecipare fisicamente almeno con frequenza mensile a riunioni con i loro manager di linea. Infine quasi tutti, l’88%, concordano sul fatto che il lavoro flessibile vada misurato in base ai risultati raggiunti e non in base al tempo impiegato per svolgere i compiti assegnati.