Aumento TARI, i poteri del Comune

Risposta di Barbara Weisz

Pubblicato 8 Novembre 2017
Aggiornato 9 Novembre 2017 10:11

Utente di PMI chiede:

Ho ricevuto il bollettino per il pagamento TARI contenente però un errore: per la seconda casa era sbagliato il nucleo familiare indicato, composto non da 2 ma da 3 persone (il mio è composto da due). Mi sono recato in Comune per chiarimenti e all’Ufficio Tributi mi hanno detto che il consiglio comunale ha deliberato l’aumento della TARI aumentando il nucleo familiare per le seconde case. Tutto questo è legale?

Il criterio generale che il Comune deve rispettare nel mettere a punto il regolamento TARI, e di conseguenza nel decidere le tariffe, è quello relativo al “chi inquina paga”, per cui il meccanismo deve fare in modo che ogni utenza paghi una tariffa commisurata ai rifiuti che effettivamente produce.

Il riferimento legislativo per i criteri di definizione della tariffa sono contenuto nel Dpr 158/1999, che fissa una serie di regole che le amministrazione locali devono seguire per determinare la quota fissa (legata al numero di metri quadri dell’immobile) e la quota variabile (che dipende dai componenti del nucleo familiare).

La legge 147/2013, che istituisce la TARI, prevede (comma 652), che in alternativa ai criteri fissati del sopracitato Dpr, il Comune possa commisurare la tariffa alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia delle attività svolte nonchè al costo del servizio sui rifiuti (in base al sopracitato criterio del chi inquina paga, fissato dalle norme europee).

Tutta questa premessa serve per definire il perimetro all’interno del quale si muove il Comune nel decidere il Regolamento sulla TARI attraverso la legislazione di riferimento. All’interno delle regole inserite nelle norme che ho citato, infatti, tendenzialmente il Comune può autonomamente decidere le tariffe.

Va sottolineato che nei testi normativi non ci sono regole precise da seguire per determinare il numero di occupanti dell’immobile. Non è nemmeno necessario fare esplicito riferimento alla composizione del nucleo familiare come risulta all’anagrafe. In linea teorica, tra l’altro, il Comunque può stabilire di affidarsi a un’auto-dichiarazione del proprietario o al detentore dell’immobile.

=> Rimborso TARI dal Comune, le istruzioni

In realtà, per le prime case il criterio del nucleo familiare è quello che in genere viene seguito, mentre per le seconde case è in effetti più facile che il numero di persone che frequentano l’immobile non corrisponda al nucleo familiare. Comunque sia, è corretto che il riferimento sia il regolamento comunale, che è appunto la norma di riferimento per la determinazione degli occupanti. In genere, prevede di riferirsi alla composizione del nucleo familiare, oppure a una dichiarazione del contribuente.

Il suo Comune, in effetti, ha scelto un metodo molto particolare, che si basa su una sorta di criterio di presunzione. L’indirizzo previsto dalla norma primaria è quello di stabilire riduzioni o esoneri e non maggiorazioni (come in questo caso). Tuttavia, non credo ci siano leggi che vietano al Comune di determinare il numero dei componenti familiari nel modo da lei descritto.

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Risposta di Barbara Weisz