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Cedolare secca estesa: i Comuni in cui è applicabile

di Anna Fabi

Pubblicato 18 Giugno 2018
Aggiornato 12 Giugno 2019 14:57

Prorogata per il 2018 ed il 2019 la cedolare secca al 10% per i contratti di affitto a canone concordato: i Comuni in cui è applicabile l'agevolazione.

La cedolare secca è un regime fiscale agevolato applicabile ai contratti di locazione di immobili ad uso abitativo (categorie catastali da A1 a A11, escluso A10) effettuati tra persone fisiche che non agiscono nell’esercizio di un’attività d’impresa o professionale. L’opzione deve essere esercitata dai locatari in fase di stipula del contratto di affitto, o nelle annualità successive, previa esplicita comunicazione al locatore.

Imposta sostitutiva

La cedolare secca prevede un’imposta sostitutiva di IRPEF, addizionali, imposta di bollo e di registro al 21% in caso di contratto a canone libero, o al 10% in caso di contratto a canone concordato, invece di quella prevista per il proprio scaglione IRPEF.

Dal 2018 l’aliquota della cedolare secca in caso di affitto a canone concordato sarebbe dovuta salire al 15%, ma la legge di bilancio 2018 ha prorogato l’aliquota al 10% per tutto il biennio 2018-2019.

Cedolare secca al 10%: Comuni

L’aliquota ridotta di applica ai contratti di locazione a canone concordato stipulati:

  • nei Comuni per i quali è stato deliberato, nei 5 anni precedenti la data di entrata in vigore della legge di conversione del Dl n. 47/2014 (28 maggio 2014), lo stato di emergenza a seguito del verificarsi di eventi calamitosi;
  • nei Comuni con carenze di disponibilità abitative (articolo 1, lettera a) e b) del dl 551/1988). Si tratta, in pratica, dei comuni di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia e dei Comuni confinanti con gli stessi nonché gli altri Comuni capoluogo di provincia;
  • nei Comuni ad alta tensione abitativa (individuati dal Cipe).

Canone concordato

Il DM 16/01/2017 del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture, entrato in vigore il 15 marzo 2017, ha esteso il contratto a canone concordato 3+2 a tutti i Comuni italiani anche non considerati ad alta densità abitativa. Nel contratto di locazione a canone concordato il canone non può superare un tetto massimo stabilito da accordi territoriali tra le principali organizzazioni dei proprietari e degli inquilini, se non ci sono accordi territoriali specifici il riferimento è la legge 431/1998 (articolo 4, comma 3). La durata del contratto di locazione a canone concordato può essere 3+2 per le abitazioni, 6 mesi fino a 3 anni per gli studenti universitari (anche dottorandi e iscritti a master), 1 mese fino a 18 mesi per i contratti transitori. Lo stesso decreto ha aggiornato il modello contrattuale, sostituendolo a quello del precedente DM del 30/12/2002.

Per quanto riguarda i contratti transitori a canone concordato, nei Comuni con almeno 10.000 abitanti i canoni di locazione dovranno essere concordati dalle parti sulla base dei valori minimi e massimi fissati dagli accordi territoriali. Restano esclusi i contratti di durata inferiore a 30 giorni, che sono invece lasciati alla libera contrattazione tra locatori e conduttori.

Sono esclusi dall’agevolazione dell’aliquota al 10% inoltre i contratti per uso turistico, per i quali la cedolare secca è applicabile ma solo con l’aliquota ordinaria.

Attenzione però, il decreto prevede che i contratti a canone concordato possano essere stipulati ovunque, ma la possibilità di applicare la cedolare secca al 10% continua ad essere riconosciuta soltanto ai Comuni ad alta tensione abitativa e ai Comuni nei quali sia stato deliberato, negli ultimi cinque anni, lo stato di emergenza a seguito di calamità (articolo 5, comma 4, DM 16/01/2017). In tutti gli altri casi si applica l’aliquota ordinaria del 21%.