Berlusconi: tangenti estere necessarie per fare impresa

di Barbara Weisz

Pubblicato 14 Febbraio 2013
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:39

Il leader del centro destra Silvio Berlusconi sdogana le tangenti riferendosi alle mazzette pagate all’estero (oltre le dogane europee) e il dibattito politico, come prevedibile, si infiamma, con reazioni di fuoco da tutte le parti: Bersani e Finocchiaro (Pd), Fini (Fli) e Di Pietro (Rivoluzione Civile) mentre l’alleato Maroni (Lega Nord) da una parte corregge il tiro («Berlusconi parlava delle tangenti riferendosi a Paesi terzi, non all'Italia») dall’altra condanna la pratica.
Sullo sfondo, le vicende giudiziarie di questi ultimi giorni, da Finmeccanica (il presidente e ad Giuseppe Orsi arrestato per corruzione internazionale per una vendita di elicotteri AgustaWestland all’India), all’Eni (ad Paolo Scaroni indagato per corruzione in relazione a un contratto Saipem in Algeria).

Approfondiamo il dibattito, relativo a un tema di interesse per tutte le imprese che vogliono competere sui mercati esteri, PMI comprese, in un’italia che non brilla per trasparenza:

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Innanzitutto analizziamo la pietra dello scandalo, ovvero le dichiarazioni di Berlusconi: basta con «moralismi assurdi, così non si fa l’imprenditore», tuona il leader del Pdl, secondo il quale «pagare una tangente all'estero è un fenomeno di necessità Â», «un fenomeno che esiste ed è inutile ignorare la realtà Â». Altrimenti «non possiamo più competere all'estero».

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LE REAZIONI

Critiche ma articolate le reazioni dell’alleato Robero Maroni, segretario della Lega Nord e candidato alla presidenza della Regione Lombardia. Precisando che Berlusconi parlava di paesi terzi e non dell'Italia, sottolinea la necessità  di «garantire un sistema di trasparenza e leale concorrenza» e aggiunge: «gli imprenditori degni di tale nome devono combattere questo sistema e anche i governi degni di tale nome devono farlo. Occorre un'intransigenza totale».

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Il leader del Pd e del centro sinistra, Pierluigi Bersani parte dicendo «basta con le tangenti e basta con Berlusconi», poi argomenta: «non escludo che nel mercato globale accadano cose di questo genere e allora sarà  bene darsi dei codici di comportamento su scala europea, perché ci deve essere la garanzia che i vertici aziendali siano responsabili di protocolli condivisi che escludano vicende di questo tipo. Vogliamo avere un mercato pulito». E ancora: «Dopo di che bisogna vedere cosa c’è di italiano. Io non mi arrendo all’idea che si possa andare avanti solo oliando la ruota. Altrimenti facciamo un mondo non accettabile».

Anna Finocchiaro, presidente del Pd al Senato e capolista in Puglia, parla di «apologia della tangente, che non sarebbe un reato ma una commissione estera». Finocchiaro definisce «assurdo e gravissimo insieme» che tale posizione venga espressa da «una personalità  politica leader di uno schieramento, più volte presidente del consiglio di questo Paese».

Altrettanto duro Antonio di Pietro, candidato di Rivoluzione Civile, nonché ex pm di Mani Pulite, per il quale l’affermazione è «vergognosa» perché «la corruzione va contrastata con determinazione e non giustificata come fa Berlusconi. Ai tempi di Mani Pulite le chiamavamo mazzette, che in gergo erano il corpo del reato, oggi le chiamano royalty e le prendono i broker per fare trading».

Molto severo anche Gianfranco Fini, leader di Fli: «Dire che pagare una tangente può essere una situazione di necessità , significa essere pronti a corrompere pur di raggiungere un obiettivo».