Le nuove quotazioni in borsa nel biennio 2009-2010 sono destinate a rimanere stabili o ad aumentare leggermente. E se l’estate scorsa il motivo principale che spingeva le aziende all’ingresso sul mercato era il reperimento di nuovi capitali, ora al primo posto viene considerata la riorganizzazione di governance, struttura e strategia societaria. Sono i risultati di un’indagine sulle Ipo (initial public offering, offerte di collocamento sul mercato) condotta da Mergermarket (sito di informazione finanziaria) in collaborazione con Deloitte, società di consulenza, intervistando 53 executive di aziende italiane che hanno collocato un’Ipo negli ultimi due anni o stanno per farne una.
Malgrado la crisi, il 53% degli intervistati ritiene che nel periodo in questione il numero delle quotazioni sia destinato a rimanere invariato (33%) o aumentare (20%), contro un 47% che prevede invece una diminuzione. È interessante notare come la percezione sia cambiata, diventando più pessimista, rispetto al luglio 2008 (ovvero prima del fallimento di Lehman Brothers, della bolla immobiliare, e in genere dello scoppio della crisi finanziaria), quando i manager convinti di un aumento o di una situazione stabile delle Ipo erano il 57%, contro il 43% che prevedeva un calo.
Si registrano notevoli modifiche anche per quanto riguarda i motivi per cui le imprese si quotano in borsa. L’estate scorsa la maggioranza degli intervistati, il 60%, indicava come causa principale per il collocamento il reperimento di capitali, e solo un 4% pensava che fosse un passo utile per riorganizzare governance, struttura e pianificazione strategica. Oggi quest’ultimo aspetto è passato nettamente in testa, con il 56%, mentre il numero di chi ritiene l’accesso al capitale il propulsore piu’ importante è sceso al 47%. E ancora, se nell’estate dell’anno passato il 26% degli intervistati riteneva lo sbarco sul mercato un modo per creare liquidità per gli azionisti, nel marzo 2009 questa opzione è stata scelta da un misero 9%.
L’uso del capitale sociale come valuta per acquisizioni era considerato motivo valido dal 41% dei manager, oggi dal 7%. Ed è divenuto molto meno importante il fattore prestigio e pubblicità, passato dal 25 al 2%. I problemi più pressanti rispetto alla quotazione sono considerati l’attuale clima economico (95% degli executive del panel, con un 64% che definisce questo aspetto estremamente impegnativo) e le complesse procedure e il loro impatto sulle strutture aziendali (96%, di cui il 43% sceglie l’opzione estremamente impegnativo).
La sfida più grande che devono affrontare le aziende quando preparano un collocamento è, per il 59%, il coordinamento delle varie parti coinvolte, seguito dal controllo dei costi di quotazione, 22%. C’è poi un 7% che parla della tutela della riservatezza, un 4% secondo cui è impegnativo seguire l’iter procedurale, e infine un 8% che sceglie la voce “altro”. In termini di tempo, gli aspetti più impegnativi sono i requisiti legali, 48%, e l’attività di revisione, 44%, mentre solo il 4% fa riferimento agli adempimenti fiscali.