Centinaia di miliardi di dollari. Questi i soldi che le banche dovranno raccogliere, in termini di capitalizzazione, per adempiere agli obblighi stabiliti dagli accordi appena raggiunti di Basilea 3. Ma la “buona notizia”, per il sistema del credito, è che avranno circa dieci anni a disposizione.
La finestra temporale, dal 2013 al 2019, decisa dai governatori e dalle autorità di vigilanza di 27 paesi nel fine settimana in Svizzera, è uno degli elementi che maggiormente vanno incontro alle richieste degli istituti di credito. Ora l’intesa sarà discussa al G7 e al G20 di novembre a Seul. Nel frattempo, la reazione a caldo dei mercati è positiva, oggi i titoli bancari segnano tutti notevoli rialzi e trascinano positivamente i listini.
Vediamo le principali caratteristiche del nuovo accordo di Basilea, basato sulla necessità di dare al sistema requisiti più solidi per resistere meglio a eventuali crisi come quella degli ultimi anni.
Il requisito minimo per il patrimonio complessivo resta all’8%, ma quello che cambia è la composizione, perchè diventano più stringenti i requisiti relativi al cosiddetto capitale di qualità. Alla fine del periodo di transizione, quindi il primo gennaio del 2019, ogni banca dovrà avere un capitale di alta qualità pari al 7% degli asset di rischio (attualmente il tetto è pari al 2%).
Nel dettaglio, questo sarà così formato: il patrimonio di qualità primaria (common equity) dovrà essere al 4,5% degli attivi (oggi è appunto al 2%). A questo, bisognerà aggiungere un cuscinetto, chiamato buffer, di capitale agguntivo pari al 2,5% (è una novità, oggi non esiste). Quanto al Tier 1, il più noto coefficiente di patrimonialiazzazione, dovrà arrivare al 6% (oggi il requisito minimo è al 4%).
La transizione avverrà gradualmente. Al primo gennaio 2013 le banche di tutto il pianeta dovranno portare il common equity al 3,5%, dall’attuale 2%, e il Tier 1 al 4,5%, dall’attuale 4%. Il primo giorno dell’anno seguente, il 2014, il capitale di alta qualità salirà al 4% e il Tier 1 al 5,5%. Infine, il primo gennaio 2015 dovranno raggiungere i requisiti minimi definitivi di common equity al 4,5% e Tier 1 al 6%.
Nel 2015 inizierà la “formazione” del buffer, il cuscinetto di capitale aggiuntivo, che dovrà raggiungere lo 0,625% il primo gennaio 2016, e crescere di un’analoga percentuale ogni anno per raggiungere appunto il 2,5% nel 2019.
Riassumendo, la gradualità delle misure di rafforzamento patrimoniale è una risposta all’azione di lobbying che le banche hanno fatto, temendo che regole troppo impegnative sulla capitalizzazione in un momento di crisi e di post-crisi potessero riflettersi negativamente sull’attività di finanziamento, per esempio nei confronti delle imprese. Ebbene, come ha spiegato ieri lo stesso numero uno della Bce Jean Claude Trichet, i tempi decisi a Basilea consentono di «adeguarsi ai nuovi standard continuando a supportare la ripresa economica».
Certo, nel lungo periodo per adeguarsi alle regole le banche dovranno rastrellare capitale per cifre che, come detto all’inizio, il mercato ritiene siano nell’ordine di centinaia di miliardi di dollari.
Per esempio, l’associazione degli istituti tedeschi ha già previsto che i dieci maggiori istituti di credito del paese potrebbero aver bisogno di 105 miliardi di euro di capitale.
In genere, gli analisti ritengono che le banche che maggiormente si avvantaggiano della finestra temporale siano quelle europee (anche le italiane), mentre per esempio quelle asiatiche, escluso il Giappone, sono già vicine al 7%, cosi’ come hanno già requisiti patrimoniali vicini ai nuovi tetti i maggiori istituti americani e canadesi. Anche in Europa, fuori e dentro l’Ue, ci sono paesi in cui i nuovo cofficienti non saranno difficili da raggiungere, come Svizzera, Belgio, Olanda, Lussemburgo, e Gran Bratagna.