Anche senza essere capi di stato o capitani d’azienda, è molto facile percepire quali rischi abbia corso negli ultimi anni l’economia globale. La crisi finanziaria, fra l’altro, è nata proprio da una cattiva gestione del rischio da parte di banche ed istituzioni economiche e finanziarie a vari livelli. Sintetizza Robert Greenhill, managing director e chief business officer del World Economic Forum: “i sistemi del ventesimo secolo hanno fallito nel governare i rischi del ventunesimo”.
La crisi finanziaria sembra aver drenato in modo preoccupante le capacità di risposta del mondo agli shock, la frequenza e l’ampiezza dei motivi di instabilità sono cresciute mentre la governance internazionale non ha reagisto con la necessaria velocità. Sono queste le considerazioni di base del “Global Risk 2011” del World Economic Forum, report giunto alla sesta edizione.
Il tema è considerato molto caldo e urgente, tanto che sarà al centro del dibattito di Davos di fine gennaio.
Il Report sarà presumibilmente uno dei materiali di lavori fondamentali. Lo studio è stato realizzato in collaborazione con Marsh & McLennan, Swiss Reinsurance, il Wharton Center for Risk Management dell’Università di Pennsylvania e con Zurich Financial Services. E’ stata effettuata una survey di 580 leader e decision maker nel mondo, sono stati organizzati 18 workshop e richieste oltre 50 consulenze di esperti. Il risultato è l’individuazione di 37 global risk che riguardano i prossimi 10 anni.
L’emergenza numero uno, secondo i risultati della Survey, è rappresentata dalle crisi fiscali, ritenute molto probabili e destinate ad avere un impatto economico globale di quasi mille miliardi di dollari. Superiore ai 500 miliardi di dollari è visto anche l’impatto di cambiamenti climatici, conflitti geopolitici, volatilità dei prezzi dell’energia, disparità economiche, debolezza della governance globale. Questi ultimi due fattori risultano essere quelli maggiormente interconnessi, che quindi comportano un grande numero di implicazioni disegnando uno scenario a cui è difficile rispondere. Proprio questa complessità rende i tradizionali meccanismi di risposta inadeguati, utili solo a trasferire il rischio verso altre parti.
Il report individua tre grandi aree chiave. Primo, i rischi macroeconomici, abbondantemente evidenziati dalla crisi finanziaria: le disparità economiche, le crisi fiscali della maggiori economie, la debolezza dei mercati finanziaria, i problemi del tessuto sociale sono tutti elementi che concorrono a un più generale rischio economico globale. Fra l’altro, la crisi del debito riduce la capacità di reagire. Secondo, l’economia illegale. Nel 2009 il valore del commercio illegale è stimato in 1300 miliardi di dollari. L’economia illegale, la corruzione, e il crimine organizzato indeboliscono il sistema, aumentano i costi delle attività legali, bloccano le opportunità di crescita. Su questo fronte, viene individuata come necessaria la cooperazione internazionale. Infine, le risorse limitate. Il mondo fronteggia la disponibilità scarsa di beni primari come l’acqua, il cibo e l’energia. Questa sfida è resa complessa dalla crescita della popolazione e dei consumi e dai cambiamenti climatici, e le risposte spesso creano probelmi più gravi. La mancanza e la difficoltà di accesso alle risorse contribuisce anche ad aumentare i conflitti sociali, quelli fra settori economici e fra paesi.
E se queste sono le tre emergenze principali, ci sono altri rischi da non sottovalutare, come la cybersicurezza e le preoccupazioni per le nuove armi nucleari e biologiche. E’ questo il contesto in cui il World Economic Forum lancerà a Davos il Risk Response Network, con l’obiettivo di fornire un nuovo approccio ai business leader e ai decision makers globali.