Un manifesto per il merito, basato su quattro principi vincolanti per le imprese che aderiranno: dichiarazione formale dei valori aziendali, riconoscimento del valore del benessere collettivo, metodologie di valutazione dei risultati rigorose e trasparenti, massima valutazione di competeneze e talento in fase di selezione. L’iniziativa è lanciata dal Club European House Ambrosetti, con la Lettera Club di marzo. E rappresenta il momento conclusivo di un rigoroso ragionamento sulla meritocrazia in Italia che molti ritengono, si legge all’inizio del documento, “una grande questione nazionale”.
Si parte dalla definizione del concetto: la meritocrazia è una «concezione sociale per la quale si ritiene legittimo che successo, prestigio e potere si conseguano per doti, capacità e risultati». Per quanto il merito possa essere difficile da misurare, si possono individuare una serie di sintomi negativi della situazione italiana. Innanzitutto, la scarsa mobilità sociale: secondo i dati della Banca d’Italia (Measuring wealth mobility, 2009) , «negli ultimi 10 anni la probabilità delle famiglie italiane di spostarsi in modo permanente verso classi di reddito nettamente diverse è stata solo del 5%».
Quindi, le elevate diseguaglianze fra uomini e donne. I dati dello Human Development Report delle Nazioni Unite indicano che l’Italia a questo proposito è ultima in un confronto fra paesi significativi (Usa, Gb, Giappone, Francia, Germania, Spagna e Norvegia). Ed è scarsa la presenza femminile ai vertici delle aziende: 3%, contro il 32% in Norvegia, il 12% in Inghilterra, l’11% in Germania.
In terzo luogo, una limitata attrattività dei talenti. Secondo il recente forum “Economia e società aperta” di Università Bocconi e Corriere della Sera, il 19% dei ricercatori italiani espatria, mentre arriva nella Penisola solo lo 0,7% di quelli provenienti dai paesi Ocse. Infine, nella Penisola è carente la cultura del merito.
Ci sono una serie di fattori pratici che tolgono spazio al merito: l’affiliazione, ovvero i meccanismi di nepotismo o raccomandazione; gli automatismi, come i riconoscimenti di carriera esclusivamente legati all’anzianità; la circolarità, cioè i meccanismi in cui ci sono conflitti di interesse fra controllante e controllato; l’opacità, una mancanza di trasparenza che lascia spazio a scelte discrezionali.
Per promuovere nel paese uno sviluppo della cultura meritocratica, gli attori considerati più rilevanti sono la famiglia, la scuola e il mondo del lavoro. In quest’ultimo caso, è importante che i risultati siano premiati «nel modo più efficiente, efficace, corretto e trasparente possibile». E qui si inserisce la proposta relativa al manifesto per il merito. Le imprese che aderiranno dovranno impegnarsi a una «dichiarazione formale e pubblica dei valori aziendali, della necessità di una visione del futuro e degli obiettivi ad essa correlati».
In secondo luogo, è richiesto l’impegno a riconoscere e promuovere il valore del benessere collettivo attraverso sistemi di regole che «alimentino e premino l’autovalutazione e l’autoresponsabilizzazione». Quindi bisogna adottare metodi di valutazione dei risultati «coerenti con valori, visione del futuro e obiettivi» e applicarli «in modo rigoroso e trasparente». Infine, è necessaria una «neutralità assoluta in fase di selezione rispetto a geografia, sesso, censo ecc. dei candidati e massima valorizzazione di competenze e talento».
Perchè, come scriveva Francois de La Rochefoucauld nelle sue Massime (1678): «esiste merito senza successo, ma non esiste successo senza qualche merito».