Mercati emergenti, l’interesse italiano

di Barbara Weisz

3 Agosto 2011 10:30

Le aziende italiane sono le più propense d'Europa a intrattenere rapporti commerciali con i mercati emergenti. Un'indagine Atradius.

Le aziende italiane emergono in Europa per propensione nei confronti dei mercati emergenti. Dopo la Penisola, è la Gran Bretagna il paese in cui ci sono il maggior numero di aziende che nel 2011 instaurano rapporti commerciali con i mercati emergenti. Lo rileva un’indagine di Atradius, azienda attiva nell’assicurazione dei crediti, che ha svolto un sondaggio su oltre 1800 aziende in nove paesi europei (oltre all’Italia, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Gran Bretagna, Paesi Bassi, Spagna e Svezia).

È stato analizzato l’interesse nei confronti di 19 mercati a rapida crescita: Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Russia, Turchia, Emirati Arabi Uniti, Sud Africa, Brasile, Cile, Messico, Cina, India, Indonesia Malesia, Filippine, Corea del Sud, Tailandia, Vietnam e Taiwan. Come è facile immaginare, il mercato più importante fra questi è considerata la Cina (28%), ma è interessante notare come nelle successive tre posizioni ci siano altrettanti paesi dell’Est Europa: Russia, Polonia (entrambe al 23%) e Repubblica Ceca (16%).

Il report sottolinea che si tratta di un segnale del fatto che la facilità di accesso ai partner commerciali può svolgere un ruolo importante nelle strategie delle imprese. Seguono con percentuali comprese fra il 10 e il 15% il Brasile, l’India, gli Emirati Arabi Uniti, la Turchia e l’Ungheria. In coda alla classifica, Filippine, Vietnam, Indonesia, Cile e Malesia.

Come detto, i più disponibili a operare sui mercati emergenti sono gli imprenditori italiani, con un indice del 63%, contro una media europea pari al 42%. Al secondo posto la Gran Bretagna, con il 56%, seguita dalla Francia, in perfetta media europea. Seguono Germania, 41%, Belgio, 39%, Danimarca e Svezia, entrambe al 36%, Spagna, 33%, e Olanda, 25%.

La principale attività economica nei confronti di questi mercati è rappresentata dalle esportazioni, 56%, ma risultano intorno al 25% anche altre voci come filiali all’estero o partnership locali, importazioni, joint venture.

Per tutelare i crediti commerciali nei confronti dei clienti attivi su questi mercati, il 65% delle aziende europee utilizza gli stessi strumenti applicati nei rapporti con i mercati tradizionali. L’Italia, con il 69%, è sostanzialmente in linea con questo dato. Percentuali più alte si registrano solo in Danimarca, 81%, e Belgio, 75%. L’unico paese che si discosta visibilmente da questo trend è la Spagna, dove solo il 38% delle aziende non diversifica gli strumenti su questi mercati.

Gli strumenti più utilizzati da chi non differenzia fra mercati emergenti e tradizionali, come l’Italia, sono la verifica del merito di credito del cliente, 64%, il monitoraggio del rischio di credito, 45%, la valutazione dell’esperienza commerciale, 43%.

Comunque sia, al di là delle strategie di credito, la maggioranza delle imprese europee, circa il 67%, ritiene che le pratiche di business sui mercati emergenti presentino delle peculiarità e delle differenze con quelle del Vecchio Continente. A percepire queste differenze sono soprattutto gli italiani, 78%, seguiti da spagnoli, 77%, francesi, 74%, e britannici, 71%.

Le aziende dei mercati emergenti sono considerate più propense al rischio in fase di ingresso in nuovi mercati, 44% o di lancio di nuovi prodotti, 35%, si ritiene che abbiano metodi di produzione più economici, 33%, modelli di gestione più snelli, 31%, maggior flessibilità nei metodi di produzione, 29%, maggior attitudine imprenditoriale, 28%. Solo il 12% pensa che impieghino lavoratori più qualificati.