Manovra bis, pareggio di bilancio in Costituzione

di Barbara Weisz

8 Settembre 2011 12:10

L'obbligo dal 2014, con il ddl costituzionale. Pronto anche quello che elimina le province. E in manovra spunta uno sconto ai parlamentari.

Prosegue a ritmo serrato il dibattito parlamentare sulla manovra bis. Dopo il via libera di ieri al Senato, con voto di fiducia, il testo è ora alla Camera. Nel frattempo oggi il Consiglio dei Ministri ha approvato due disegni di legge collegati, uno per inserire il pareggio di bilancio in Costituzione, l’altro per abolire le province. Si tratta in entrambi i casi di leggi costituzionali, che quindi hanno un iter più lungo.

Nella sua formulazione definitiva la manovra, che vale 54,2 miliardi nel 2013 (anno in cui è previsto di raggiungere il pareggio di bilancio), è tutta incentrata sulle maggiori entrate. Il provvedimento che garantisce il maggior gettito è l’aumento dell’Iva, dal 20 al 21%. Previsti anche un contributo di solidarietà sui redditi alti, l’anticipo al 2014 dell’età pensionabile delle donne a 65 anni anche nel privato, nuove norme sulla contrattazione aziendale in deroga anche alle leggi sul licenziamento.

Intorno alla manovra bis non si placano le polemiche. L’opposizione ha espresso contrarietà sulla decisione del governo di porre la fiducia al Senato. Ieri l’Esecutivo si è presentato in aula con un maxiemendamento che corregge il testo del decreto di Ferragosto. La manovra è passata, con la fiducia appunto, con 165 voti favorevoli, 141 contrari e 3 astenuti.

Nelle ultime ore si sta inasprendo il dibattito su uno “sconticino”, spuntato all’ultimo momento, che riguarda le indennità dei parlamentari. L’articolo 13 della manovra, che riguarda i costi della politica, è stato parecchio ammorbidito. Il taglio delle indennità dei parlamentari (il 10% per la parte che eccede i 90mila euro, il 20% sopra i 150mila), che doveva essere permanente, si applica solo per tre anni: 2011, 2012 e 2013. L’ammorbidimento più evidente riguarda però le indennità di deputati e senatori che continuano anche a fare un altro lavoro: non più il dimezzamento dell’indennità, ma un taglio del 20% sopra i 90mila euro e del 40% sopra i 150mila. Infine, è quasi del tutto saltata l’incompatibilità con altre cariche pubbliche: prima riguardava qualsiasi altro incarico, ora è limitata a quelli elettivi negli enti locali con oltre 5mila abitanti. Quindi i parlamentari potranno fare i sindaci dei comuni piccoli e medi e gli assessori in tutti gli enti locali. 

Tornando all’altra notizia di oggi, il ddl su abolizione delle province e pareggio di bilancio in Costituzione, quest’ultimo entrerà in vigore dal 2014. Questo principio, ha spiegato il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, «non sarà solo un criterio contabile, ma un principio ad altissima intensità politica e civile».

Quanto alle province, il ddl prevede che siano tutte abolite, tranne quelle di Trento e Bolzano. Verranno create delle “città metropolitane” che faranno capo alle Regioni. In pratica, le Regioni istituiranno forme associative fra Comuni entro un anno dall’entrata in vigore della legge costituzionale, e sopprimeranno le Province. L’obiettivo della norma è la riduzione della spesa (oltre che la semplificazione amministrativa).

Per quanto riguarda la struttura complessiva della manovra bis, così come è definita dopo il maxiemendamento passato al Senato, come detto l‘Iva passa dal 20 al 21%, e da questa misura si attende un gettito intorno ai 4 miliardi l’anno. Le donne andranno in pensione a 65 anni anche nel privato a partire dal 2014, ma con scaglioni che porteranno il tutto a pieno regime nel 2026 (nel 2014 scatta solo un primo gradino di un mese).

C’è poi il contestato articolo 8 (al centro dello sciopero generale della Cgil del 6 settembre), che prevede contratti aziendali in deroga a quelli nazionali e alle leggi, anche in materia di licenziamenti (si tocca quindi l‘articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori). Fanno eccezione le donne in gravidanza.

Infine, altro provvedimento rilevante, il contributo di solidarietà sui redditi alti, superiori a 300mila euro, pari al 3%.