Cgil, Cisl e Uil unite contro i licenziamenti

di Barbara Weisz

28 Ottobre 2011 14:43

Cgil, Cils e Uil sembrano ritrovare l'unità contro la proposta del governo sui licenziamenti facili: minacciano lo sciopero generale.

E’ passato poco più di un mese dalla manovra di Ferragosto, convertita in legge in settembre, che con il famoso articolo 8 prevede i contratti aziendali in deroga anche alle leggi sul licenziamento in Italia. Ma se contro quel provvedimento si era schierata con decisione la sola Cgil, la nuova proposta sui “licenziamenti facili” contenuta nella lettera con cui il governo italiano si è presentato nei giorni scorsi al vertice anti-crisi di Bruxelles, sembra invece aver scatenato le ire dell’intera compagine confederale. Come molti hanno osservato, il primo effetto della proposta sembra essere quello di aver favorito l’unità sindacale.

Cgil, Cisl e Uil minacciano lo sciopero generale. Il governo, dal premier Silvio Berlusconi al ministero del Welfare Maurizio Sacconi, difende invece la proposta.

La riforma prevista dalla lettera all’Europa prevede che un’azienda in difficoltà possa licenziare un dipendente, indennizzandolo economicamente. In pratica, la norma permetterebbe di aggirare l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori che prevede l’illicenziabilità senza giusta causa di chi lavora nelle aziende sopra i 15 dipendenti.

Immediata la reazione dei sindacati: la Cgil ha subito definito la misura «da incubo», il leader della Cisl Raffaele Bonanni ha parlato di «provocazione mentre il paese ha bisogno crescere», il collega della Uil Luigi Angelletti spiega che non ci sarebbero difficoltà a dichiarare lo sciopero generale insieme alla Cgil. E la segretaria della Cgil, Susanna Camusso, rincara la dose e rinnova l’appello all’unità: «Ritroviamoci a discutere e ricostruiamo le ragioni unitarie».

Sul fronte del governo, il premier Silvio Berlusconi ha a più riprese difeso al proposta in questi ultimi due giorni, sottolineando che l’intenzione è quella di rendere più moderno il mercato del lavoro. Il ministro Sacconi, insieme al titolare della Pubblica Amministrazione Renato Brunetta, spiega che l’obiettivo del provvedimento sarebbe quello di «spingere le aziende ad assumere, non a licenziare». Il ministro Sacconi ha anche sottolineato che il governo è pronto ad aprire un tavolo con le parti sociali, alle quali chiede di «approfondire il merito» della proposta «senza pregiudizi».

Sul fronte degli imprenditori, l’ex presidente di Confindustria Luigi Abete sottolinea che «in Italia chi ha un posto ha un eccesso di garanzie, chi è giovane ne ha di meno rispetto alla media Ue. Dobbiamo mettere insieme le due cose e trovare un equilibrio».

Da sottolineare che sulle questioni relative al mercato del lavoro all’interno di Confindustria si è recentemente consumata una frattura storica, con la Fiat che è uscita dall’associazione dopo l’accordo interconfederale dello scorso 21 settembre, criticando il fatto che depotenzia il famoso articolo 8 della manovra di Ferragosto. In questo caso, il tema centrale più che i licenziamenti riguarda i contratti e la rappresentatività sindacale: l’articolo 8 infatti prevede la possibilità di stipulare contratti aziendali in deroga a quelli nazionali e alle leggi sul licenziamento. Anche qui dunque c’è una sorta di aggiramento dell’articolo 18, criticato in particolare dalla Cgil.

Come si vede, quello del mercato del lavoro è comunque un tema caldissimo e articolato, che prevedebilmente continuerà a essere tale nei prossimi mesi.

Contro le proposte di riforma contenute nella lettera del governo a Bruxelles sembrano intenzionate a schierarsi anche le opposizioni (critiche dal Pd, ma perplessità anche da Pierferdinando Casini). Il dibattito è destinato a proseguire, sia a livello politico che fra le parti sociali. Il governo si è impegnato con Bruxelles a portare a termine le riforme entro la primavera del 2012.