Il 2011 si conclude ancora con un segno positivo, pur leggermente, ma il 2012 sarà un anno di recessione. Parola del Centro Studi Confindustria, che per l’anno prossimo stima un pil in flessione dell’1,6%. Nel 2013, torneremo a vedere una crescita, pur modesta. Le manovre, tre compresa quella del governo Monti attualmentre in discussione in Parlamento, che impostate sul rigore sono di fatto recessive, provocheranno fra le altre cose un aumento della disoccupazione al 9% a fine 2013, ma sono state necessarie, «per evitare un percorso pre-fallimentare». Si tratta di un quadro che per ammissione dello stesso ministro dello Sviluppo Economico e delle Infrastrutture, Corrado Passera, «è peggiore di quanto ci aspettassimo».
Eppure, spiega il capo dell’ufficio studi di Confindustria, Luca Paolazzi, si tratta di uno scenario previsionale “ottimistico”, perchè incamera una serie di elementi favorevoli, come la fine della crisi dell’Euro, il blocco del credit crunch, i tassi dei Btp sotto il 5% entro aprile.
Comunque, veniamo ai numeri: quest’anno si chiuderà con il prodotto interno lordo allo 0,5%, in calo rispetto alla precedente stima dello 0,7%. Il 2012 vedrà un brusco -1,6%, e questa è la previsione che incamera il peggioramento più evidente rispetto alle cifre precedenti (che vedevano una risicatissima crescita dello 0,2% per l’anno prossimo). Poi, nel 2013, dovrebbe tornare il segno positivo, con un pil atteso allo 0,6%.
Ma la recessione in realtà è già iniziata: anche se quest’anno si chiuderà con un segno leggermente positivo, già il terzo trimestre aveva segnato una flessione congiunturale, -0,1%, per non parlare del -0,7% di ottobre-dicembre. La flessione sarà ancora più marcata nel primo trimestre 2012, con un ribasso dell’1%, e poi si limiterà a un -0,3% da aprile a giugno. Il periodo estivo dovrebbe segnare l’inversione di tendenza, a settembre il trimestre si chiuderà a +0,1%.
Quanto al debito, in nome del quale sono state fatte le tre manovre, per il 2011 è visto al 120,3%, invariato rispetto alle previsioni di settembre. Nel 2011 salirà al 121,3% (dunque, un peggioramento rispetto al 119,5% precedentemente stimato), ma nel 2013 scenderà al 118%.
Il pareggio, invece, è «a portata di mano», con uno 0,1% nel 2013, dal 3,9% del 2011 che scenderà all’1,5% l’anno prossimo.
E siamo a uno dei capitoli più drammatici, quello dell’occupazione: scenderà dello 0,6% nel 2012 e dello 0,2% nel 2013, quando la disoccupazione toccherà il 9% (dall’8% diquesto 2011, che salirà all’8,6% nel 2012). Significa una perdita complessiva di 957mila posti di lavoro. A fine 2013, per fare un confronto con il periodo pre-crisi, ci saranno 800mila occupati in meno rispetto all’inizio del 2008. I più penalizzati son stati i giovani che fra metà 2008 e la metà di questo 2011 hanno perso il 24,4% dei posti, fra i 15 e i 24 anni, e il 13,3% fra i 25 e i 34 anni.
L’analisi che Viale Astronomia propone è focalizzata, come è facile immaginare, sulla crisi dell’eurozona: «La crisi dei debiti sovrani accompagnata e potenziata dalla frenata dei paesi emergenti, dagli effetti delle politiche di bilancio restrittive e dal peggioramento delle ragioni di scambio causato dai rincari delle materie prime» ha deteriorato il quadro economico globale, e l’Italia ne risente più di altri.
Confindustria ammette che le manovre sono state recessive, ma senza «il debito sarebbe salito a ritmi insostenibili e si sarebbe avviata la spirale con la più elevata spesa per interessi», in pratica «un percorso pre-fallimentare».
«Siamo in recessione» sintetizza il ministro Passera, secondo cui la causa di tutto questo «viene da fuori dalla pessima, inadeguata gestione della crisi a livello europeo».
Su questo è d’accordo il presidente degli industriali, Emma Marcegaglia: «L’Italia ha fatto la sua parte con manovre pesanti, ora tocca all’Europa. Anche la Germania non può restare su posizioni di tale rigidità sull’austerità e i conti pubblici perché il rischio di un collasso dell‘Euro c’è, anche se non ha un’alta probabilità».
Il Centro Studi Confindustria crede nel «lieto fine» della crisi del debito, ma sottolinea che l’Europa è a un bivio, che deve affrontare «senza mezze misure» perchè il rischio è altissimo: dissolvimento dell’euro, fallimento di banche e aziende, milioni di posti di lavoro persi, crisi del debito anche nei paesi più virtuosi.
Tornando all’Italia, il ministro Passera ritiene che il paese abbia «i numeri, le capacità, le energie, le basi per poter parlare di crescita». Ma la situazione è molto seria, la recessione non si può più nascondere, il «disagio legato al mondo del lavoro è vicino all’insostenibilità». Ma «dobbiamo e possiamo uscirne» e la crescita è un paradigma fondamentale, senza il quale anche «gli altri punti del programma Monti», ovvero «l’equità e il rigore diventano obiettivi irraggiungibili e irrealizzabili».