Negli Stati Uniti la Pepsi è finita nel mirino della commissione per le pari opportuità per discriminazione nelle politiche di assunzione di personale. Secondo la Equal Employment opportunnity Commission, l’azienda aveva iniziato dei controlli sulla fedina penale dei candidati a un posto nello stabilimento e negli uffici del north Carolina.
Una cosa che secondo il siggetto di controllo non era possibile fare, perché discriminava le persone. Pertanto, è arrivata una multa da 3,1 milioni di dollari che la multinazionale dovrà pagare senza batter ciglio.
Secondo l’accusa, l’aver avuto guai con la legge – magari per reati minori o anche in assenza di successive condanne in tribunale – era una condizione discriminante all’assunzione alla Pepsi. Bastava essere stati arrestati in passato per veder sfumare un lavoro in azienda. Per questo motivo, la commissione ha sentenziato che “si tratta di una pratica illegale, perché precedenti arresti non possono precludere l’assunzione se non sono rilevanti per il tipo di lavoro da svolgere”.
Da questa situazione, poi, è sorta anche una questione sulla discriminazione razziale, visto che molti degli aspiranti con storie di arresti alle spalle appartenevano alla comunità nera o a quella ispanica, che percentualmente – negli Usa – sono più inclini a violare la legge.
Nel frattempo, Pepsi ha modificato le proprie politiche di assunzione ribadendo l’offerta di lavoro ai circa 300 candidati esclusi, sempre che siano ancora interessati.
Un portavoce Pepsi, Dave DeCecco, ha ribadito che il controllo di precedenti penali era una prassi normale e che non è mai stata intenzione dell’azienda effettuare una discriminazione delle minoranze. “Eventuali precedenti penali saranno valutati solo se determinati per il tipo di occupazione richiesta”.