La Coca Cola fa bene all’economia italiana. Uno studio effettuato dal management della filiale italiana della bevanda gassata più famosa del mondo ha infatti rilevato che il valore aggiunto generato nella Penisola è pari a 3,16 miliardi di euro, pari allo 0,21% del PIL.
I dati, in realtà, mostrano anche che la “Coke” rappresenta la 7a impresa per dimensione nel settore dei prodotti alimentari e versa 1,25 miliardi di euro nelle casse dello Stato sotto forma di tasse, pari allo 0,37% del totale delle entrate fiscali in Italia. Queste cifre sono probabilmente note anche ai francesi, che lo scorso anno provarono a mettere una tassa sulle bevante gassate non alcoliche, con la scusa che facevano ingrassare e che pesavano economicamente sul sistema sanitario. Ma la misura fu un’arma a doppio taglio, visto che il calo del 3% nei consumi di Coca Cola portò a una diminuzione del gettito fiscale numericamente maggiore rispetto ai costi sanitari risparmiati.
Fatto sta che anche in Italia – come in Francia e in tutti i 200 Paesi del mondo dove Coca Cola Companny è presente – ci si è resi conto dell’impatto dell’azienda, che qui opera dal 1927 con 8 stabilimenti, il più imoprtante dei quali presso Verona. Lo studio ha analizzato l’impatto della Coca-Cola in Italia, distinguono tra impatti diretti – ossia riconducibili alle aziende collegate alla Casa americana – e indiretti, che si riferiscono a tutte quelle aziende che forniscono prodotti agricoli, servizi di trasporto o di vendita.
I dati vanno considerati come valore aggiunto, imposte versate, profitti delle imprese e occupazione creata. “Nel processo di produzione, confezionamento, promozione e distribuzione dei suoi prodotti al cliente finale, Coca-Cola agisce quindi come un’impresa prevalentemente locale, stimolando l’attività economica lungo l’intera catena del valore” ha detto il Ethan Kapstein, professore di Economia Politica presso l’Insead a Parigi. “Il suo operato esercita un effetto di sostegno sia sulle imprese a monte sia su quelle a valle. Tali imprese generano, a loro volta, redditi ed entrate fiscali, sviluppando in questo modo l’attività economica all’interno delle loro rispettive catene del valore”.
Il punto chiave è che la Coca Cola che si beve in Italia è prodotta in Italia: per questo, il direttore generale per gli affari pubblici in Europa di Coca Cola, Salvatore Gabola, ha annunciato che nelle prossime settimane partirà una campagna che lancerà questo messaggio.
Ritornando ai dati, Coca Cola dà lavoro a 3.300 persone, che salgono a 45mila per l’indotto che rappresenta una cifra percentualmente molto elevata. La filiale italiana dell’azienda fondata nel 1886 ad Atlanta dal farmacista John Stith Pemberton versa 411 milioni di Iva attraverso i prodotti venduti, 244 milioni di euro di margine alla distribuzione, 2 miliardi di euro di margine al comparto Horeca (che comprende alberghi, ristoranti e bar) e 1,08 miliardi di euro di fatturato Coca Cola Italia.
L’azienda ha fornito anche dei dati che misurano quale sarebbe l’impatto sull’economia italiana nell’ipotesi in cui la produzione nazionale fosse effettuata con prodotti importati dall’estero: in tal caso, la perdita per il Paese sarebbe di 221 milioni di euro di quasi 3.500 posti di lavoro. In pratica, l’azienda è formata e sostenuta da un alto numero di imprese più o meno grandi con sede in tutta Italia.