Dopo le polemiche dei giorni scorsi, Sergio Marchionne ha parlato a manager e impiegati Fiat per spiegare le strategie aziendali per il breve e medio periodo. Nel discorso, tenuto davanti a 6mila persone, ha puntualizzato innanzitutto che l’azienda deve ripensare il proprio business adattandolo alle mutate caratteristiche dell’industria automobilistica.
“Sono sorti dei dubbi sul mio impegno personale in Fiat e in Italia, dubbi che il quartier generale dell’azienda per cui tutti lavoriamo potesse esesre trasferito a Detroit, significando la fine della Fiat italiana. Invece non è vero. E ho voluto incontrarvi anche per questo. Non ho mai smesso di occuparmi della Fiat e non ho intenzione di farlo”
Insieme al presidente John Elkann, il manager italo-canadese ha chiarito subito di voler rispondere a tutti coloro che in questi giorni hanno attaccato Fiat accusandola di non voler fare il bene dell’Italia, “creando un clima di ostilità e di falsità che non mi piace”.
Marchionne si è riferito sia alle critiche dei sindacati, sia a quelle di una parte delle forze politiche sia della stampa: da più parti si lamentava il fatto che dopo aver annunciato investimenti di circa 20 miliardi di euro nella Penisola, la Fiat non si sia mossa in questa direzione ma, anzi, abbia detto a chiare lettere di voler posticipare tali stanziamenti con l’obiettivo finale, magari, di spostare all’estero parte della produzione che oggi avviene in Italia.
Nel suo discorso ha toccato naturalmente il tema della crisi del settore, prima di lanciare qualche “frecciata” a chi in questi giorni lo ha criticato (come Cesare Rominti e Diego Della Valle): “Dobbiamo ripensare il modello di business al quale siamo siamo stati abituati nel corso degli anni, pensando al settore dell’auto in Italia con un’ottica differente rispetto a quella che abbiamo avuto fino a oggi. Dobbiamo infatti puntare a investire in modo che i nostri stabilimenti diventino uno dei centri di produzione di veicoli, che poi vengano sopratutto esportati verso l’estero a iniziare dagli Stati Uniti dove la filiera sta crescendo e i costruttori facendo profitti”. Marchionne ha poi sottolineato che oggi una Casa non può più pensare a rifornire il mercato nazionale o continentale. “Vendendo solo in Europa o in Italia, infatti, non si va lontano e commercializzare i nostri prodotti qui non basta a giustificare degli investimenti”.
“Noi ci stiamo impegnando a fare la nostra parte, cercando di attrezzare il nostro Paese a diventare un centro di produzione e di esportazione. Ma da soli non possiamo farcela. È necessario recuperare competitività internazionale” ha aggiunto, ricordando che il gruppo Fiat chiuderà il 2012 con gli utili più alti della storia, che potrebbero toccare i 4,5 miliardi di euro. Molto laconico, poi, il riferimento alla possibilità che l’azienda trovi un affidato partner straniero: “Da quando guido questa società, ho iniziato a cercare di coinvolgere un partner industriale che ci affiancasse in Italia. Ma no ho avuto successo, visto che non c’è CEO o presidente di Casa straniera che voglia mettere piede qui, dove i lacci e i lacciuoli non favoriscono l’impresa, soprattutto per quanto riguarda le grandi aziende”. Con questo, Marchionne ha detto di riferirsi al sistema fiscale e sindacale.