Generazione Neet: quanto pesa sulla nostra economia

di Roberto Rais

23 Ottobre 2012 11:30

Il fenomeno dei Neet pesa per il 2,06% del Pil italiano: i giovani che non studiano e non lavorano sono in aumento nel Paese e in Europa.

Si chiamano Neet (Not in education, employment or training) e, più semplicemente, sono quei giovani che non studiano, non lavorano, non si formano per una professione. Si tratta di una categoria di persone in continuo incremento, che in Italia può contare su circa 2 milioni di utnità tra i 15 e i 29 anni (e altre 200 mila unità tra i 30 e i 34 anni). Una platea che, oltre a creare evidenti ripercussioni sul singolo, ha altresì un costo macroeconomico particolarmente ingente.

A rivelarlo è un’indagine compiuta dalla fondazione Eurofound, specializzata nella consulenza sui temi del lavoro e delle condizioni di vita nell’Unione Europea, che stima in 1,2 punti percentuali di Pil Ue la presenza dei Neet, e in 2,06 punti di Pil italiano il peso dei giovani sfiduciati, sull’economia nazionale.

Ancora, sempre secondo quanto affermato dai dati Eurostat, nel corso del 2011 in Europa sarebbero stati 7,5 milioni i giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni (e 6,5 milioni quelli di età compresa tra i 25 e i 29 anni) che – per diverse motivazioni – risultavano esser esclusi dal mondo del lavoro e dell’istruzione. Un dato che appare esser altresì in continuo sviluppo, visto e considerato che nel 2008 la cifra si fermava all’11% dei giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni, e al 17% di quelli tra i 25 e i 29 anni, mentre nel 2011 la soglia era salita rispettivamente a quota 13 punti percentuali e 20 punti percentuali.

Come evidente all’interno dell’osservazione compiuta dalla fondazione, permangono evidenti divergenze tra gli Stati membri, con valori inferiori al 7% in Olanda e in Lussemburgo, e proporzioni superiore al 17% in Spagna, Bulgaria, Irlanda e, appunto, Italia.

Infine, Eurofound ricorda come nel 2011 la perdita economica dovuta al distacco dei giovani dal mercato del lavoro era pari a 153 miliardi di euro (1,2 punti percentuali di Pil europeo), con un peso maggiore, superiore al 2% di Pil, in Bulgaria, Cipro, Grecia, Irlanda, Lettonia, Polonia, Ungheria e, ancora una volta, Italia.