Corre il rischio di essere accusato di violenza privata il dirigente che obbliga un dipendente a presenziare a una riunione di lavoro: lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 32463 del 6 settembre 2013.
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A subire la condanna, infatti, è stato un capoufficio comunale che ha usato la forza per bloccare una lavoratrice in fuga costringendola a finire il suo discorso durante una riunione, un comportamento ingiustificato secondo i giudici che hanno condannato il dirigente a quattro mesi di reclusione e al risarcimento dei danni causati alla dipendente.
Secondo la Corte Suprema, infatti, è vietato usare la forza fisica per pretendere un adempimento da parte di un dipendente anche nel caso in cui quest’ultimo abbandoni un meeting in corso, anche se questo comportamento dovesse significare l’abbandono di un progetto e il venire meno agli impegni presi in precedenza arrecando danni alla sua azienda.
In casi simili, come sottolinea la sentenza, l’unica via percorribile dal dirigente per “punire” un comportamento scorretto del dipendente ritenuto è l’avvio di una sanzione disciplinare.
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