Il datore di lavoro non è legittimato a licenziare un dipendente utilizzando i dati del controllo a distanza per provare una condotta irregolare.
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Anche il monitoraggio condotto a distanza, quindi, deve sottostare a precisi limiti e garantire sempre il rispetto della dignità di una persona: lo sottolinea la Corte di Cassazione (con la sentenza
19922/2016), ricordando la necessità di applicare la tutela prevista dall’art. 4, comma 2 legge 300/70 (Statuto dei lavoratori).
La Cassazione precisa:
«L’effettività del divieto di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori richiede che anche per in cosiddetti controlli difensivi trovino applicazione le garanzie dell’art. 4 secondo comma legge n. 300/70; ne consegue che, se per l’esigenza di evitare attività illecite o per motivi organizzativi o produttivi, il datore di lavoro può installare impianti o apparecchi di controllo che rilevino anche dati relativi alla attività lavorativa dei dipendenti, tali dati non possono essere utilizzati per provare l’inadempimento contrattuale dei lavoratori medesimi.»
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