«A parte qualche eccezione, le aziende italiane non puntano molto sull’internazionalizzazione» e rispetto a quelle estere tendono a manifestare «una minor disponibilità all’innovazione». Parola di Margherita Dellea, una manager che di innovazione se ne intende anche perchè da 25 anni lavora in un settore in questo senso molto competitivo come quello tecnologico. Da aprile è in IntraLinks come senior director for strategic accounts Southern Europe.
A lei il compito di sviluppare il business in Italia (e nella Penisola Iberica) dell’azienda con quartier generale a New York e 22 uffici nel mondo, fra i principali provider di software as a service, a livello globale. «Pensavo di dover promuovere una start up nel paese, invece Intralinks è già conosciuta da molti clienti» che ne hanno utilizzato i prodotti lavorando su progetti in partnership con realtà internazionali che fanno parte del portfolio aziendale.
La società, solo per citare uno dei dati più rilevanti, lavora con 800 delle imprese della classifica di Fortune 1000. I prodotti e i servizi software per gestire e condividere informazioni, processi aziendali, operazioni finanziarie sono il core business dell’azienda, fondata nel 1997 e che oggi si prepara, come spiega la stessa Dellea, a quotarsi alla Borsa di New York, avendo già inoltrato la relativa richiesta alla Sec.
Margherita Dellea, che in passato fra le altre cose è stata country manager per l’Italia di Salesforce.com e senior director Vodafone Group in Research in Motion, ha scelto ManagerOnline per raccontare strategie e obiettivi in Italia, e non solo.
IntraLink, spiega «è stata fondata nel ’96 da alcuni banchieri» fra cui Arthur Sculley, che veniva da Jp Morgan, e «nel ’97 ha lanciato il primo prodotto, utilizzato da Jp Morgan, Bank of America e Citibank». «Nel 2000 – prosegue – è entrata nel settore farmaceutico, con un software pensato per il processo di sviluppo di nuovi farmaci e per il licensing». Ancora oggi i settori di maggior sviluppo sono il finanziario e il farmaceutico, ma recentemente si è aggiunto il settore dell’energia e delle utilities.
«Nel 2007 la società è stata acquisita da Ta Associates, attiva nel private equity», un «cambio di gestione che ha imposto nuovi obiettivi» oltre a rinnovare la squadra a tutti i livelli. «Sono tre i nostri target principali, in tutto il mondo: ricavi più prevedibili» (il che comporta cambiamenti sull’offerta ai clienti in termini commerciali, dopo che per anni l’azienda ha puntato su servizi e software relativi magari a operazioni o momenti aziendali specifici), e poi ancora «una maggior copertura internazionale e l’apertura verso nuovi settori, come appunto le utilities ma anche prodotti cross industry» che per esempio possano supportare le attività di gestione di documenti in azienda o le esigenze organizzative del Ceo.
Il primo obiettivo per la neonata attività in Italia è «far conoscere il brand, la copertura dei clienti già acquisiti e l’apertura ai nuovi». L’Italia è un mercato con buone potenzialità di crescita, e con alcune peculiarità. La non sempre sviluppatissima propensione all’innovazione, come già detto, per cui ad esempio «le aziende italiane scelgono una soluzione innovativa dopo che è stata magari già sperimentata da una filiale estera». Un’altra particolarità? «Le dimensioni. Le aziende italiane tendono a restare piccole. Un’industria farmaceutica italiana con 500 dipendenti è grossa, un’analoga società tedesca di dipendenti ne ha 100mila».
Trattandosi di una donna manager con esperienza internazionale è quasi d’obbligo una domanda relativa alle eventuali peculiarità italiane nella cultura aziendale al femminile: «ho lavorato anche per aziende americane, e le donne sono poche anche lì. Non direi che è un problema italiano». «Con l’eccezione dei paesi del Nord Europa, dove c’è un ambiente sociale diverso, con l’uomo che anche a casa aiuta di più la donne, che magari prende il permesso di paternità», negli altri paesi del Vecchio Continente e negli Usa, «spesso è la donna che non ha la stessa disponibilità di un uomo» anche perchè si fa carico di una serie di altri impegni relativi alla vita privata e familiare. Certo, aggiunge, «io mi auguro che le donne manager possano essere sempre più numerose».