Un mondo economico che si muove a tre velocità, diviso tra Europa, Stati Uniti e Paesi emergenti. È lo scenario disegnato dagli analisti di Carmignac Gestion – società fondata nel 1989 da Edouard Carmignac con circa 50 miliardi di euro in gestione in OICR e sotto mandato – per far luce sulle future scelte d’investimento in una situazione internazionale dai risvolti complessi.
L’UE è ferma, ristagna in austerity, gli Stati Uniti viaggiano a velocità modesta mentre nell’universo delle economie emergenti si concentrano le maggiori potenzialità di crescita.
In particolare, nell’eurozona soffrono i paesi periferici e rimane alto l’allarme sul rischio sovrano. Il contesto di una debole e disomogenea crescita con alti tassi di disoccupazione complica la situazione dei bilanci statali di ogni nazione alle prese con impegnativi obiettivi di riduzione dei deficit primari.
Anche negli Usa però la diminuzione dell’indebitamento e l’aumento dei livelli di disoccupazione pesano sull’andamento dei consumi sebbene l’attività industriale (i costi unitari del lavoro sono favorevoli alle imprese) mostri segni di tenuta e vitalità. I bilanci delle aziende Usa sono in ordine, quasi “impeccabili”.
Fermo l’inevitabile processo di deleveraging (lo stock del debito resta elevato) ed una maggiore propensione delle famiglie al risparmio, la ripresa del mercato interno appare stentata. Gli Stati Uniti, a differenza dal passato, puntano sulle esportazioni per risollevarsi dalle difficoltà, vedi la dinamica positiva delle esportazioni lorde in forte risalita dall’agosto 2010 (fonte Bloomberg). La guerra dei cambi, lo scontro tra Cina e governo Usa, trova una spiegazione dentro questa cornice di competizione internazionale sull’export. Secondo Carmignac la Cina può ancora crescere senza le esportazioni mentre la rivalutazione della moneta cinese appare inevitabile.
Nell’ambito delle economie emergenti va segnalato il dato di tendenza dello sviluppo dell’urbanizzazione cinese e la progressiva diminuzione del tasso di disoccupazione in Brasile. In buona sostanza, il ruolo delle nazioni in ascesa, il loro potenziamento economico, connota sempre più il quadro globale in quanto forza trainante mondiale e di stabilizzazione delle aree più sviluppata. Ma a livello dei mercati finanziari l’aspetto più significativo è costituito dal permanere di una notevole volatilità.
Quali le conseguenze sul portafoglio? Prendendo come riferimento il noto Patrimoine, fondo bilanciato flessibile, il gestore ha ridotto notevolmente la sua esposizione verso il dollaro, (passata dal 56,3% al 17,2%), visto il suo indebolimento, e praticamente azzerato quella verso la valuta giapponese (yen). Contemporaneamente è stata rafforzata la componente azionaria, beneficiando della performance positiva dei mercati emergenti. Sul fronte obbligazionario, che incide per il 52,48% nella ripartizione dell’attivo, si segnala una significativa quota high yield.