Obblighi fiscali per i documenti informatici in azienda

di Nicola Santangelo

16 Gennaio 2009 09:00

Rassegna degli obblighi normativi in relazione alla gestione elettronica di scritture contabili e atti rilevanti ai fini tributari

Strumento indispensabile per l’automazione dei processi produttivi industriali, l’Informatica fornisce alle aziende soluzioni in grado di produrre i migliori risultati nel minor tempo possibile e con un margine di errore ridotto al minimo.

Per questo tutti i dati aziendali passano attraverso un sistema gestionale che li elabora e che fornirà successivamente le necessarie informazioni. È grazie alle informazioni opportunamente elaborate e tempestivamente fornite che si condiziona, quindi, il processo decisionale di un’azienda.

Ma a incentivare l’informatizzazione delle procedure aziendali non sono soltanto le esigenze dell’amministratore. Talvolta sono atti normativi veri e propri, come nel caso del decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 23 gennaio 2004.

Tale provvedimento, infatti, disciplina in maniera unitaria la procedura informatica relativa ad emissione, conservazione ed esibizione dei documenti rilevanti ai fini fiscali.

Già nel 1994 un Decreto Legge, il n. 357, prevedeva che la tenuta dei registri contabili con sistemi meccanografici potesse essere considerata regolare, al posto della trascrizione su supporti cartacei, quando, anche in sede di controlli o ispezioni (ai sensi dell’articolo 52 del D.P.R. 633 del 1972), gli stessi fossero aggiornati sui supporti magnetici e comunque potessero essere contestualmente stampati su richiesta avanzata dagli organi competenti e in loro presenza presso il luogo di conservazione dei registri stessi.

Anche il Codice Civile interviene in materia di conservazione documentale. L’articolo 2220 (scritture contabili e libri sociali) prevede che le scritture debbano essere conservate per un periodo di dieci anni dall’ultima registrazione.

Lo stesso vale per fatture e documenti simili, lettere e telegrammi ricevuti e inviati, libri, registri e ogni documento rilevante ai fini tributari (e quindi libro giornale, libro inventari, libro soci, libro delle obbligazioni, scritture ausiliarie nelle quali devono essere registrati gli elementi patrimoniali e reddituali, scritture ausiliarie di magazzino, registro dei beni ammortizzabili, bilancio d’esercizio, registri I.V.A., dichiarazioni fiscali, modulistica dei pagamenti F23 e F24).

L’articolo precisa, inoltre, che scritture e documenti possono essere conservati sotto forma di registrazioni su supporti di immagini applicando la cosiddetta metodologia paperless.

È opportuno precisare che l’atto contabile può rappresentare due tipologie di documento: il documento informatico per il quale è prevista la modalità di emissione, conservazione ed esibizione, e il documento analogico emesso secondo la modalità tradizionale ma per il quale è possibile, in alternativa alla conservazione cartacea, provvedere alla conservazione elettronica.

Il documento informatico è considerato la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti. Tali documenti, per essere rilevanti ai fini tributari devono essere statici e non modificabili e pertanto non alterabili durante le fasi di accesso e di conservazione.

Per questo motivo al loro interno non deve esistere codice sorgente o istruzioni in grado di modificare i fatti, gli atti o i dati in esso rappresentati.

Alcuni editor di testo o fogli elettronici permettono la creazione, memorizzazione e il conseguente uso di cosiddette macro e funzioni che provvedono ad aggiornare un dato, tutte le volte che si verifica un evento.
Per macro, come noto, s’intende un algoritmo scritto o registrato in cui è memorizzato un comando – o una serie di comandi – necessario ad automatizzare attività spesso complesse o ripetitive.
Le funzioni, invece, sono formule predefinite che eseguono calcoli utilizzando valori specifici in una sintassi.

Ogni documento informatico deve obbligatoriamente presentare un riferimento temporale ovvero un’informazione che associa al documento la data e l’ora.

Deve essere, inoltre, sottoscritto con la firma elettronica, un particolare tipo di firma qualificata basata su un sistema di chiavi asimmetriche a coppia – pubblica e privata – che consente al titolare di rendere manifesta e verificare la provenienza e l’integrità di un documento informatico.

Possono dotarsi di firma digitale tutte le persone fisiche rivolgendosi ai certificatori accreditati, soggetti che hanno ottenuto l’autorizzazione a svolgere tale attività (l’elenco dei soggetti è online sul sito del CNIPA, il Centro Nazionale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione).

Lo strumento con il quale viene impressa una firma digitale è generalmente una smart card. Al titolare viene rilasciato il certificato qualificato, un attestato elettronico che consente di verificare l’identità dello stesso e contiene i dati identificativi dell’ente che lo rilascia e del titolare della firma nonché i termini di validità del certificato stesso.

Il documento analogico, come già menzionato, è emesso secondo metodi tradizionali ma è tuttavia possibile provvedere alla conservazione elettronica attraverso memorizzazione su supporti digitali.
Per fare ciò ci si avvale di uno scanner per la lettura ottica. La memorizzazione può avvenire su qualsiasi supporto digitale purché venga garantita la leggibilità nel tempo e la ricerca ed estrazione delle informazioni.

Oggi gli strumenti di memorizzazione più utilizzati sono i cd-rom, i dvd e i dat, nastri magnetici a cartucce che vengono impiegati generalmente per le attività di backup. Dettaglio non indifferente è la necessità di dover memorizzare i documenti osservando un rigoroso ordine cronologico. Il formato più frequentemente utilizzato per memorizzare i documenti è il Portable Document Format, ossia il classico Pdf di Adobe Systems.

Tutto il processo di memorizzazione e conservazione dei documenti deve essere supervisionato da un pubblico ufficiale – dove per pubblico ufficiale si intende un notaio, un cancelliere, un segretario comunale o altro funzionario incaricato dal sindaco – che ne attesta la conformità.

Soltanto a conclusione del processo di memorizzazione e conservazione si può distruggere il documento cartaceo e comunque non prima di aver apposto la firma digitale e la marca temporale: un’evidenza informatica che consente di rendere opponibile a terzi un riferimento temporale che, a sua volta, è un’informazione contenente data e ora.

Qualora le irregolarità formali commesse in sede di conservazione dei documenti informatici fossero tali da renderli inattendibili, l’Amministrazione finanziaria, ai sensi dell’articolo 39, comma 2, lettera d) del DPR n. 600 del 1973, procederà ad accertamento induttivo.
Analogamente si procederà ad accertamento induttivo quando dal verbale di ispezione risulta che il contribuente non ha conservato, ha rifiutato di esibire o ha comunque sottratto all’ispezione, totalmente o per una parte rilevante, le fatture emesse oppure quando le irregolarità formali dei registri e delle altre scritture contabili risultanti dal verbale di ispezione sono così gravi, numerose e ripetute da rendere inattendibile la contabilità.

Infine, è necessario comunicare per via telematica, all’Agenzia delle Entrate, entro il mese successivo alla scadenza dei termini stabiliti per la presentazione della dichiarazione dei redditi, Irap e I.V.A., l’impronta dell’archivio informatico, la sottoscrizione elettronica e la marca temporale.