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Riforma Pensioni 2025, il Governo punta al ricalcolo contributivo

di Teresa Barone

21 Febbraio 2024 11:30

Il Governo studia una riforma delle pensioni basata sul sistema contributivo, che potrebbe vedere la luce nel 2025: cosa potrebbe cambiare entro il 2026.

Secondo le previsioni della Ragioneria generale dello Stato, nel 2040 le pensioni potrebbero arrivare a pesare sul PIL per il 17%, inasprendo una criticità già presente che sta spingendo il Governo verso il varo di una riforma pensionistica basata sul solo sistema contributivo già dal 2025.

Da parte dell’Esecutivo c’è l’intenzione di definire una riforma previdenziale equilibrata e sostenibile, volta ad adottare un sistema di calcolo delle pensioni uguale per tutti, evitando disparità soprattutto per le uscite anticipate.

Un “primo assaggio” si è intravisto con il taglio delle quote retributive delle pensioni con calcolo misto dei dipendenti statali ex INPDAP, per i quali dal 2024 in poi risulta penalizzato il calcolo dell’importo pensionistico se scelgono l’uscita anticipata, allontanandosi anche la decorrenza della prima liquidazione attraverso un meccanismo di finestre mobili ancor pià stringente.

La riforma pensioni potrebbe dunque vedere la luce nel 2025 prendendo spunto proprio dalle misure previste dalla Legge di Bilancio 2024 che vincolano tutti i canali di uscita anticipata al sistema contributivo.

In assenza di una riforma vera e propria elaborata entro fine anno, il Governo potrebbe decidere di prolungare ulteriormente Quota 103 o passare direttamente a Quota 104. In ogni caso, sempre con il ricalcolo contributivo dell’assegno, che dall’Opzione Donna in poi è divenuta la scelta d’elezione per la concessione di formule di flessibilità in uscita.

Da capire il destino degli strumenti ibridi di accompagnamento a pensione, come l’APE Sociale, e l’ancor più delicato filone delle pensione agevolate (peraltro ad oggi strumenti permanenti) per alcune categorie di lavoratori, come ad esempio usuranti e gravosi.

Sullo sfondo, la revisione della Quota 41, che l’Esecutivo Meloni ha reso cavallo di battaglia elettorale mutuandolo dalle proposte di revisione previdenziale dei sindacati, salvo poi reinterpretarlo in chiave ben più stringente.

Quel che è certo, è che entro fine legislatura (2026) si attende una riforma pensioni che metterà mano anche al sistema delle progressioni anagrafiche (scatti di età pensionistica) per rivederne il meccanismo rispetto al crescere delle aspettative di vita e che eliminerà man mano tutte le modalità di calcolo agevolato delle quote pensionistiche che non siano strettamente correlato all’effettivo montante contributivo versato.