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Flat tax a un bivio: pro e contro, aliquote e riforme

di Noemi Ricci

5 Luglio 2021 11:00

In Italia si configura una riforma IRPEF basata sulla progressività, che mette in dubbio il ruolo della flat tax: pro e contro nei Paesi in cui si applica.

La prossima riforma IRPEF potrebbe gettare le basi anche per la revisione della flat tax, tassazione non progressiva ma piatta, riservata nel nostro Paese alle Partite IVA con determinati requisiti di reddito. L’orientamento del Governo Draghi è quello di una riforma fiscale che muova verso una imposizione progressiva, come riflettono le linee di indirizzo del PNRR e gli esiti delle audizioni parlamentari in vista della Riforma Fiscale di fine anno (strettamente connessa anche al riordino delle detrazioni IRPEF).

Ebbene, se facciamo un confronto con gli altri Paesi d’Europa, la situazione appare disomogenea, con risultati più o meno positivi laddove la flat tax è in vigore. Facciamo una rapida analisi comparata, così da comprenderne meglio i pro e contro di una tassa piatta rispetto ad una progressiva.

=> Flat Tax a una svolta: categorie alle quali converrebbe

Flat tax: i Paesi dove è in vigore

Ad applicare la flat tax sono soprattutto le nazioni dell’ex blocco sovietico. La prima nazione europea ad applicarla è stata l’Estonia, dove tassa piatta al 26% esiste dal 1994 (ridotta al 20% nel 2017). Ad essa si sono aggiunte a stretto giro, seguendo lo stesso modello di semplificazione fiscale, anche Lettonia (flat tax al 25%, abbassata al 23% nel 2017) e Lituania (flat tax al 33%, abbassata al 15%). La Russia ha un’unica aliquota al 13%, mentre in Bulgaria, Macedonia e Bosnia-Erzegovina si scende addirittura al 10%. Altri Paesi europei in cui è in vigore sono:

  • Romania con aliquota al 16%;
  • Ungheria con aliquota al 16%;
  • Ucraina con aliquota al 13%;
  • Bielorussia (13%);
  • Georgia (20%).

Pro e contro della flat tax

Nei Paesi in cui si applica la flat tax la progressività della tassazione è data dalle deduzioni e/o detrazioni concesse ai contribuenti per garantire sostegno per il ceto medio e sostanziale equità contributiva da parte di tutti. Un principio agli antipodi rispetto a quello su cui si basa l’attuale tassazione a scaglioni di reddito, basato sull’idea che sia più corretto tassare in modo diverso i ricchi e i meno abbienti.

Nei Paesi in cui si applica già la flat tax, la maggiore semplicità fiscale e l’applicazione di un’aliquota più bassa sembrano aver avuto come effetto collaterale positivo quello di favorire l’emersione del sommerso, dovuto al maggior numero di contribuenti stimolati a pagare le tasse vista la minore pressione fiscale. L’altro vantaggio è quello di incentivare gli investimenti (che a loro volta vanno ad aumentare il gettito fiscale complessivo). In generale i Paesi che hanno applicato la flat tax hanno tratto benefici in termini di crescita del ceto medio e sviluppo imprenditoriale. Da sola la flat tax non garantisce automaticamente la semplificazione del Fisco. I Paesi che l’hanno introdotta con successo hanno avviato anche riforme strutturali parallele in questo senso. C’è infatti anche un caso di insuccesso della flat tax ed è rappresentato dalla Slovacchia, che aveva introdotto la tassa piatta al 19% per poi fare marcia indietro dopo 9 anni non avendo ottenuto, nel breve-medio periodo, l’aumento di gettito auspicato.