Leadership nella gestione delle crisi: musica e management

di Alessandra Gualtieri

7 Settembre 2020 09:43

Leadership spirituale nella gestione delle crisi: Paolo Marizza analizza i diversi spunti operativi e le diverse prospettive dal mondo della musica.

La pandemia Covid 19 ha generato problematiche straordinarie alle leadership delle organizzazioni, siano esse private, pubbliche, for e no profit e delle istituzioni ai vari livelli. L’enorme portata dell’epidemia e la sua assoluta imprevedibilità – che i traduce in un alto grado di incertezza che dà origine a disorientamento, sensazioni di perdita di controllo e dissonanze emotive – pongono sfide di portata epocale.

Sfide che vanno gestite con stili e con approcci diversi da quelli di un’emergenza ordinaria, in cui è possibile elaborare piani in anticipo e allineare i comportamenti con procedure predefinite. Durante una crisi, caratterizzata da situazioni nuove e impreviste, le risposte efficaci sono in gran parte improvvisate. Un po’ come nella musica.

Anche per questo, il quarto “Corso Zipoli” (ideato da due padri gesuiti, Eraldo Cacchione e Fausto Gianfreda, e tenutosi a Palermo lo scorso Agosto) destinato a giovani appassionati di musica, quest’anno ha assunto un valore particolare visti i tempi, esemplificato nel tema del programma, “Lo spirito di leadership nella musica“.

La tre giorni del Corso ha esplorato molteplici prospettive e approfondimenti sulla relazione che passa tra la musica e la spiritualità quando si è nei panni di un leader, dal direttore d’orchestra al creatore di una band che ha dimostrato resilienza pluridecennale. Prospettive ed approfondimenti che conferiscono nuova luce anche su possibili approcci e risposte che le individui e organizzazioni devono dare nell’affrontare discontinuità e cambiamenti indotti dalla crisi.

Un programma ricco di contributi, che ha spaziato da temi come la leadership creativa a quella come processo collettivo e di sviluppo di consapevolezza emotiva e allo spirito del tempo musicale nei ritmi collaborativi di team e organizzazioni.

Ho avuto l’opportunità di portare il punto di vista di un economista/”quasi musicista” sulle relazioni tra musica e management e le loro connessioni con diversi stili di leadership e di gestione, analogie e differenze, viste attraverso diverse forme e modalità del fare musica, in particolare nella prospettiva delle relazioni tra leadership e followership in tempi di crisi.

In tempi di crisi aziendale, le risorse cognitive, spirituali e le abilità coinvolte nei processi gestionali, hanno notevoli somiglianze con quelle riscontrabili nell’improvvisazione musicale, nel processo del musicista che si confronta con gradi di libertà e vincoli emergenti nell’atto contestuale di creare ed eseguire la sua performance. 

Etica e leadership nelle crisi

In una crisi globale ed epocale come quella che stiamo vivendo, i paradigmi di business che riflettono percorsi lineari, strategia – struttura – performaces, o similmente plan – do – check – act, mostrano tutti i loro limiti, dovendo riorientarsi quasi al contrario: si parte dall’esecuzione (act) e dalle persone (people first) che contestualmente generano strategie emergenti che riorientano l’azione, in un processo iterativo continuo. Il che implica una deviazione dai percorsi e dai confini di un insieme di regole e procedure consolidate.

Ciò di cui i leader hanno bisogno durante una crisi non è un piano di risposta predefinito, ma comportamenti e approcci che abilitino nuove modalità di collaborazione e che li aiutino a guardare avanti, mantenendo un comportamento etico in cui spiritualità e consapevolezza di sé giocano un ruolo fondamentale. Mantenere un comportamento etico non consiste solo nel rispettare codici e regole di condotta: è una scelta di rispetto per sé stessi e per gli altri, una scelta che tende a perseguire il bene comune.

Il problema, ovviamente, è che la vita umana e quella delle organizzazioni è complicata in un modo che supera di gran lunga il livello di articolazione e dettaglio raggiunto anche dal set di regole più complesso e analiticamente specificato che possiamo immaginare. Anche se assumessimo che le il corpo di regole etiche, deontologiche, ecc. siano relativamente ovvie e dirette in un determinato ambito, il compito di determinare, da un punto di vista pratico, come applicare quelle regole alla vita reale rimarrebbe una sfida non banale.

Il processo di interpretazione delle istanze poste dalle regole etiche e le esigenze di adattarle al contesto Covid e post-Covid 19, deve affrontare livelli di complessità e sfide non comparabili con epoche precedenti. La pressione dell’ansia e le tensioni emotive che tipicamente accompagnano le crisi sembrano suscettibili di deformare il processo decisionale anche del decisore più scrupoloso e diligente.

Per rimanere nell’attualità, cosa fare se il lavoro distribuito, lo smart working, si traduce in un’ulteriore divaricazione della forbice sociale e tra chi può lavorare da casa e chi no? Cosa fare quando si tratta di bilanciare scelte di sicurezza sanitaria, di isolamento sociale e di ripresa delle attività economiche? Oppure quando, più in generale, si tratta di determinare se sia giusto o meno modificare il genoma umano, o ancora se sia giusto programmare auto a guida automatica che imitano la nostra morale.

Ciò che dovremmo cercare, quindi, è una sorta di interpretazione rigorosa e basata su framework morali e saldi principi informativi delle regole. Non possiamo evitare la necessità di interpretare, adattare e persino di fare eccezioni. Possiamo imparare molto sugli approcci e sulle caratteristiche del processo decisionale etico in tempi di crisi comparando tale processo con un’altra pratica che implica una deviazione dai percorsi e dai confini di un insieme di regole consolidate, vale a dire dall’improvvisazione musicale.

Non ci riferiamo qui ad una particolare comprensione dell’improvvisazione come teorizzazione e come pratica.

La comprensione dell’improvvisazione cui ci si riferisce in questo caso è quella dell’ascoltatore appassionato o quella del dilettante amante e praticante la musica, in particolare, ma non esclusivamente del jazz. E’ ciò che sentiamo e percepiamo quando vediamo ed ascoltiamo suonare Miles Davis o Charlie Parker o Jimi Hendrix: un contesto percettivo, emotivo e proattivo che presenta molte similitudini con ambiti e modalità di intervento di un leader aziendale che gestisce una crisi.

L’improvvisazione musicale implica la deviazione creativa da una struttura musicale sottostante.

L’ eccellere nell’improvvisazione richiede che il musicista abbia una approfondita conoscenza della musica e padronanza del suo strumento, ma soprattutto fiducia, sicurezza e consapevolezza di sé per usare quella conoscenza con modalità e stile collaborativo.

E’ possibile individuare diverse modalità in cui la gestione delle crisi etiche presenta analogie con l’improvvisazione musicale. Parallelismi che ci sembrano abbastanza diretti tra le abilità e gli atteggiamenti positivi richiesti a leaders e followers nelle organizzazioni e nei team aziendali e musicali.

In primo luogo la gestione etica delle crisi deve essere creativa.

Proprio come nell’improvvisazione musicale, rispondere eticamente alle crisi richiede un salto di immaginazione, piuttosto che la mera capacità di seguire una “melodia” pre-scritta.

La cosa giusta da fare, e la cosa giusta da dire, in genere non è mai ovvia in un momento di crisi. Sebbene vari tipi di principi e regole generali possano essere applicati, dalle regole morali più generali sull’onestà alle regole più complesse e specifiche di settore, come quelle sul conflitto di interessi o sulla sostenibilità ambientale, la migliore risposta a una particolare situazione di crisi, in

relazione alla sua specifica complessità, non si troverà in nessuno script (partitura) prestabilito. Sviluppare una linea di condotta che sia eticamente appropriata e in grado di essere comunicata e compresa dagli stakeholder rilevanti, richiederà ai decisori una flessibilità adattiva contingente rispetto alla situazione ed esercitino una certa “immaginazione morale”.

In secondo luogo, la gestione etica delle crisi, sebbene inevitabilmente creativa, deve nondimeno essere fondata su elementi strutturali. L’improvvisazione musicale, sebbene creativa e spontanea, è raramente casuale o arbitraria. Per un musicista, improvvisare significa tipicamente spingersi in direzioni nuove e creative – variando melodia, ritmo, armonia, timbro, dinamica, ecc. – entro i limiti di una struttura minimale sottostante. Questa struttura rappresenta il substrato essenziale per liberare la creatività improvvisativa del musicista. Ciò implica un rispetto di regole minimali che informano l’architettura portante del discorso musicale.

Allo stesso modo, un’organizzazione in crisi deve attingere a regole e a principi etici pertinenti, nonché alla propria struttura etica di base, costituita da elementi come il suo “Codice etico” e le sue dichiarazioni relativamente a Missione, Visione e Valori.

Un “Codice etico”, infatti, fornisce la struttura alla base del modello generale di comportamento di un’organizzazione: è il filo conduttore, la trama e l’ordito, analogamente ai codici (melodia, ritmo, timbro, armonia, dinamica, ecc.) che sono i mattoni di base di una forma musicale.

Fornisce la struttura minimale sottostante, una struttura dalla quale la crisi può costringere l’organizzazione a deviare, ma anche una struttura che dovrebbe idealmente essere ancora riconoscibile come sottesa alle sue dinamiche comportamentali anche in situazioni di crisi.

Come nell’improvvisazione poi, rispondere in modo etico alla crisi richiede collaborazione.

L’improvvisazione può, ovviamente, essere un’attività solitaria per l’artista solista, ma quando più di un musicista sale sul palco, l’attività è necessariamente collaborativa.

I musicisti improvvisatori prendono spunto e si ispirano a vicenda, si “passano la palla”.

La migliore improvvisazione probabilmente avviene tra i musicisti che si fidano l’uno dell’altro, collaborando con le contraddizioni che emergono dalle molteplici prospettive e punti di vista generati nel corso dell’esecuzione, nella ricerca di una coerenza complessiva per la costruzione di senso e significato.

I membri di un ensemble jazz non suonano solo sullo stesso palco, ma suonano insieme.

La musica si fa insieme e il solista di turno si affida, ad esempio, alla sezione ritmica per sostenere i fondamenti della composizione in modo da avere una struttura dalla quale deviare, allontanarsi e alla quale tornare.

Allo stesso modo, la risposta alle crisi organizzative richiede una stretta ed efficace collaborazione

tra leader e follower, in una relazione di influenza reciproca per realizzare cambiamenti reali che riflettano i loro scopi e valori comuni: tra la leadership senior, gli esperti tecnici dell’azienda ed i responsabili che presidiano l’integrità etica e dei valori, della politica di conformità alle regole e della formazione.

Un’ ulteriore importante analogia concerne la conoscenza, la disciplina, lo studio, l’apprendimento e la pratica di molteplici stili e forme musicali: le risposte etiche alla crisi devono essere fondate sulla conoscenza. Nella musica, è improbabile che i dilettanti sappiano improvvisare bene; infatti, i loro tentativi di “improvvisazione” possono essere difficili da distinguere da una serie di “errori sbagliati” del principiante.

Il musicista esperto, invece, sa suonare note attese e inattese e sa attenersi ai codici che ne informano la struttura (melodia, ecc.), ma consapevolmente e a volte intuitivamente sceglie di deviare, di far vibrare corde che possono sembrare errori che poi si rivelano “errori giusti” che risolvono l’apparente contraddizione con la struttura, facendola evolvere verso nuove coerenze.

Anche l’amministratore delegato che guida la sua organizzazione in una crisi deve partire dalla conoscenza: conoscenza della natura dell’obbligo etico, conoscenza e consapevolezza dei valori della propria azienda e conoscenza degli interessi dei vari stakeholder.

Infine, per rispondere adeguatamente alle crisi etiche è necessario un buon grado di padronanza nell’utilizzo degli strumenti, dei concetti e del linguaggio.

Un musicista jazz cerca note inaspettate e lo fa sembrare facile, naturale, semplice.

Quando l’improvvisazione diventa imbarazzante virtuosismo forzato, tende ad essere ovvia e scontata sia per l’artista che per il pubblico. Una buona improvvisazione è naturale, non forzata.

Allo stesso modo, il CEO che risponde alla crisi ha bisogno di fiducia e di un certo grado di dimestichezza con il materiale tangibile e intangibile a disposizione. Per rispondere adeguatamente alle sfide etiche è necessario che il CEO si senta a proprio agio nel parlare di etica e di responsabilità morali con i vari stakeholder. Ha bisogno della fiducia che deriva dall’approfondimento anticipato e dalla personale consapevolezza sulla natura di tali questioni.

Deve essere in grado di parlare fluentemente il linguaggio dell’etica, così come il maestro del jazz si muove fluidamente attraverso le note di un assolo.In tutti questi modi, l’improvvisazione musicale offre analogie con la pratica di agire eticamente in situazioni di crisi.

L’analogia tra l’improvvisazione musicale e la gestione etica delle crisi non è, ovviamente, perfetta, e il modo in cui questa analogia si manifesta in particolari tipi di crisi richiederebbe ulteriori approfondimenti. E’ evidente che ci sono differenze significative tra i tipi di improvvisazione adatti all’esecuzione musicale, da un lato, e alla gestione aziendale, dall’altro, non fosse altro per la posta in gioco nei casi di crisi aziendale, che è generalmente notevolmente più alta di quanto non lo sia nella musica.

Quali che siano i suoi limiti, l’analogia proposta tra musica e gestione delle crisi ci sembra più che semplicemente descrittiva e vada oltre una semplice somiglianza fenomenologica. L’analogia con l’improvvisazione musicale ci sembra un modo utile per inquadrare la sfida affrontata dalle organizzazioni in ​​tempi di crisi.

Leadership spirituale

Le crisi organizzative che investono le aziende non derivano soltanto da eventi di portata globale che generano discontinuità epocali. La gestione del cambiamento non è un’attività che le organizzazioni devono affrontare saltuariamente, ma è un processo continuo che riguarda la quotidianità della vita aziendale soggetta ad evoluzioni sempre più rapide e radicali degli ambienti di riferimento.

Poiché la temporaneità di ecosistemi, forme organizzative, team e progetti è una caratteristica essenziale e ormai prevalente nelle organizzazioni contemporanee, dalla metà degli anni ’90 anche nelle scienze organizzative e manageriali molti studi si sono concentrati sul ruolo della spiritualità nel contesto lavorativo, indagando la componente spirituale della leadership nei luoghi di lavoro per trovare risposte alle nuove dinamiche della società moderna: qual è l’effetto della spiritualità sulla resilienza di un’impresa, qual è il ruolo esercitato da una leadership spirituale su etica, visione, valori, relazioni con i dipendenti e con la società?

La transizione da un posto di lavoro centrato sul leader a un posto di lavoro centrato sull’uomo ha portato all’emergere di diverse dimensioni della leadership, in particolare della sua componente spirituale. Il grande direttore d’orchestra Benjamin Zander nel suo percorso artistico fece questa riflessione: “Avevo circa 45 anni quando ho realizzato qualcosa di straordinario: il direttore d’orchestra non emette alcun suono. Il potere del conduttore dipende dalla sua capacità di rendere efficaci le altre persone.”

Un concetto di leadership spirituale in termini di ricerca di significato e consapevolezza di sé basata sulla propria spiritualità nei ruoli e nei processi di leadership, sta emergendo anche a seguito della crescente attenzione ai temi del rispetto della natura e di uno sviluppo sostenibile.

Spiritualità e consapevolezza di se, a livello individuale e collettivo, sono ormai riconosciuti come particolarmente rilevanti per quanto riguarda il ruolo che svolgono nel processo decisionale etico e nei conseguenti comportamenti organizzativi. Mentre la letteratura riconosce che di per sé la componente spirituale migliora la prassi etica e la condotta all’interno e all’esterno delle organizzazioni, si stanno sviluppando indagini empiriche su come la spiritualità si relaziona alla consapevolezza e su come combinati possano collegarsi al comportamento etico nei contesti organizzativi. Queste domande sono di particolare rilevanza quando vengono riferite agli stili ed ai processi di leadership come principali responsabili delle decisioni nelle organizzazioni.

Queste evidenze suggeriscono che la spiritualità possa influenzare il processo decisionale e il comportamento etico. Una leadership che conferisca crescenti livelli di autonomia ai collaboratori secondo una visione che genera un senso di vocazione nel loro lavoro e crei una cultura organizzativa basata sull’ altruismo, in base alla quale leader e seguaci hanno compassione sia per se stessi che per gli altri, genera un senso di appartenenza e significati condivisi. Insieme, chiamata ed identificazione, promuovono flessibilità strategica, maggiore impegno, migliori capacità esecutive e prestazioni. È interessante notare che un’adeguata leadership spirituale può anche aumentare il benessere etico e spirituale dei dipendenti, oltre a migliorare la capacità dell’organizzazione di essere socialmente responsabile.

Illustri studiosi mettono in evidenza che la componente spirituale consente ai leader di relazionarsi meglio con i followers e di comprendere i loro bisogni emotivi. In effetti, anche la consapevolezza di se porta a coltivare il coraggio, stabilire l’autenticità, costruire la fiducia, perseguire consapevolmente gli obiettivi organizzativi e guidare con saggezza e gentilezza.

Ulteriori evidenze stanno emergendo anche con riferimento a contesti non implicanti situazioni di crisi o di cambiamento radicale. La componente spirituale esercita un ruolo solo nell’ottenere un cambiamento effettivo? La risposta a questo forse potrebbe risiedere nella sua funzione centrale che implica l’essere consapevoli di ciò che sta accadendo senza alterare l’esperienza, ma piuttosto mutando il rapporto che si ha con l’esperienza.

In altre parole, le persone consapevoli cambiano la loro percezione dell’ambiente di riferimento senza necessariamente trasformarlo o trascenderlo.

Tuttavia, quando tale riformulazione, o “ripercezione”, è il risultato della consapevolezza spirituale, le persone sembrano superare le condizioni organizzative date, come le culture, le strutture, le richieste di ruolo e le priorità economiche, che spesso limitano o indeboliscono l’azione etica, per pensare e agire in modo coerente con la propria spiritualità.

Di nuovo, qui ritroviamo analogie con il processo dell’improvvisazione musicale.

I musicisti che improvvisano in pubblico e durante le prove sono presenti a se stessi, sperimentano tutti i tipi di variazioni – alcune ovvie, molte estremamente sottili – e prendono molte decisioni consapevoli e inconsce. Ma alla fine, la maggior parte di queste interazioni esperienziali vengono di fatto trascese nell’atto di fare musica. Ad un certo punto si affida il processo all’istintualità che sintetizza e forgia i dettagli esperienziali in una forma coerente, inevitabilmente personale e spirituale.

Come prendono corpo queste dinamiche? In questi processi i manager/musicisti prestano attenzione al loro autentico sé spirituale, si concentrano sull’ascolto e sui fini spirituali con conseguente diminuzione dell’egocentrismo e un crescente orientamento verso l’altro, e sviluppano uno stato di benessere interiore, spirituale che probabilmente abiliterà la loro ripetizione in contesti simili e alimenterà processi e futuri percorsi evolutivi.

Sono senz’altro necessarie ulteriori ricerche incentrate sul ruolo della componente spirituale nei processi decisionali etici, sulle condizioni favorevoli allo sviluppo nelle organizzazioni e sulle dinamiche coinvolte. In effetti, come aspetto intrinseco della coscienza, la spiritualità, la consapevolezza di sé e l’influenza che esercitano sono riscontrabili in comportamenti rafforzati dalla pratica abituale.

Si dice che l’etica è il luogo in cui la “gomma spirituale aderisce alla strada”, un luogo che va ulteriormente esplorato per migliorare la comprensione delle connessioni tra consapevolezza spirituale e la sua realizzazione in diversi contesti, nei percorsi di vita individuale e collettiva.

Un luogo da esplorare per vivere con rinnovata consapevolezza il “prossimo normale”, in cui il Progetto Zipoli rappresenta uno strumento di confronto multiculturale e uno dei battistrada di riferimento.

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Articolo di Paolo Marizza, DEAMS Università di Trieste