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Manovra: Bankitalia e Corte dei Conti puntano il dito su flat tax e riforme slittate

di Barbara Weisz

5 Dicembre 2022 20:41

Manovra 2023: la Banca d'Italia critica flat tax, contante e tregua fiscale, mentre la Corte dei Conti insiste su PNRR e riforme strutturali: le analisi complete.

Banca d’Italia e Corte dei Conti non rilevano criticità strutturali sui numeri della Legge di Bilancio, di cui la magistratura contabile sottolinea l’impatto espansivo 2023 e la banca centrale il sostegno contro inflazione e shock energetico. Ma l’analisi delle misure in Manovra vede emergere anche spunti critici, soprattutto sul fronte fiscale. E, in entrambi, i casi si insiste sulle riforme del PNRR per il rilancio dell’economia.

Vediamo le principali considerazioni emerse in sede di audizione sulla Legge di Bilancio 2023.

I numeri della Manovra

La Manovra prevede spese 2023 pari a 35,2 miliardi, in gran parte finanziata a deficit (circa 20 miliardi), con un notevole contributo previsto dalla tassa sugli extraprofitti delle imprese energetiche (7,6 miliardi), oltre che da minori spese. Le risorse si concentrano su cinque aree principali: emergenza energetica, riduzione della pressione fiscale, politiche del lavoro della famiglia e sociali, interventi per sostenere la crescita e gli investimenti delle imprese e le infrastrutture, sanità.

L’analisi della Corte dei Conti

Per quanto riguarda i numeri del Bilancio, la Corte dei Conti sottolinea come siano in linea con «il sentiero programmatico di progressiva riduzione del saldo in rapporto al PIL, prefigurato nella Nota di aggiornamento al DEF 2022 (dal 4,5% del 2023 al 3% del 2025)». Nel dettaglio, la Manovra «comporta un maggior indebitamento netto di 20,8 miliardi (pari all’1 per cento del PIL), in attuazione di quanto annunciato nella Nota di aggiornamento del DEF. La portata espansiva della manovra si riduce nel 2024, con la previsione di maggiore deficit per 2,3 miliardi, per poi passare ad una stance restrittiva nell’ultimo anno di previsione, nel quale si profila una contrazione dell’indebitamento di 4,7 miliardi».

In conclusione l’Alta Corte rileva che la necessità di intervenire sulle emergenze, in primi il caro energia, ha impedito di inserire riforme strutturali che sono in programma, ma comunque «la manovra presentata ha assunto dimensioni rilevanti, superiori a quelle degli ultimi anni. L’individuazione di spazi per nuovi interventi all’interno del bilancio consente di muovere, già dal 2023, importi significativi senza ricorrere in misura marcata a nuove entrate (se si esclude la riproposizione della misura sugli extra profitti delle imprese del settore energetico).

Alcuni interventi che producono risparmi, come quelli su reddito di cittadinanza e pensioni, e una serie di misure (tagli di spesa) che avranno invece impatto sul 2024 e sul 2025, prefigurano «una riduzione del deficit di circa 5 miliardi» nel triennio.

Il punto fondamentale è che comunque restano «elementi di incertezza sul quadro di finanza pubblica modificato dalla manovra. Le traiettorie descritte dipendono in misura rilevante da variabili esterne, prima fra tutte il tasso di inflazione, ma anche dai tempi di rientro dell’emergenza energetica». Ci sono anche variabili macro per il momento incoraggianti: la spesa per interessi è su livelli contenuti, ma «se le aspettative di un’inflazione elevata dovessero protrarsi anche nel medio–lungo periodo, ciò si ripercuoterebbe sui tassi a cui dovrà essere rinnovato il debito via via in scadenza».

Una considerazione sull’energia: l’intervento contenuto in manovra prevede risorse per oltre 20 miliardi nel 2023, quindi è di dimensioni rilevanti, ma «è destinato ad esaurire i propri effetti in gran parte nel primo trimestre dell’anno». In conclusione, il quadro che emerge è «impegnativo e richiede che al più presto si dispieghino gli effetti attesi dall’attuazione del Piano di ripresa e resilienza. La definizione delle riforme che il Governo e il Parlamento si sono impegnati ad approntare sul fronte fiscale, previdenziale, assistenziale e del funzionamento degli apparati pubblici anche alla luce delle criticità più ampiamente emerse, rappresenta oggi una condizione indispensabile a cui è chiamata la nuova legislatura».

L’audizione della Banca d’Italia

Bankitalia sottolinea come l’aumento del disavanzo vada interamente alle misure contro il caro energia e, in considerazione dell’ «elevata incertezza che caratterizza il quadro macroeconomico» e dei «limitati spazi di bilancio a disposizione», definisce l’impostazione prudente.

Anche Via Nazionale dedica ampio spazio all’analisi delle misure contro il caro energia, e a questo proposito presenta la seguente considerazione: «si può stimare che, qualora gli interventi a favore di imprese e famiglie dovessero essere rinnovati fino alla fine dell’anno alle stesse condizioni previste per il primo trimestre, il costo complessivo sarebbe dell’ordine del 3,5 per cento del PIL (sostanzialmente in linea con quello del 2022). In questo scenario sarebbe importante rendere le misure ancora più mirate e selettive nonché finanziarle prioritariamente ricorrendo a risparmi di spesa o a maggiori entrate».

Ci sono anche alcune critiche. Sulla flat tax: «l’ampliamento della platea dei contribuenti che accedono al regime forfetario restringe ulteriormente l’ambito di applicazione della progressività nel nostro sistema di imposizione personale sui redditi, che come noto è garantita dall’IRPEF, e in generale viene ribadito che «la sussistenza di regimi fiscali eccessivamente differenziati tra differenti tipologie di lavoratori pone anche un rilevante tema di equità orizzontale, con il rischio di trattare in modo ingiustificatamente dissimile individui con la stessa capacità contributiva». Inoltre, in un periodo di inflazione elevata, la sovrapposizione di un regime a tassa piatta con uno progressivo rischia di acuire lo svantaggio per i contribuenti che pagano l’IRPEF rispetto a coloro che invece applicano la flat tax.

Infine, la banca centrale ritiene che la flat tax incrementale «difficilmente potrà eliminare l’eccessiva concentrazione dei fatturati dichiarati su valori appena inferiori alla soglia».

E «sulle disposizioni in materia di pagamenti in contante e l’introduzione di alcuni istituti che riducono l’onere tributario (tregua fiscale, ndr) per i contribuenti non in regola», che «rischiano di entrare in contrasto con la spinta alla modernizzazione del Paese che anima il Piano nazionale di ripresa e resilienza e con l’esigenza di continuare a ridurre l’evasione fiscale».

In conclusione, Bankitalia sottolinea le due direttrici fondamentali su cui si muove la Legge di Bilancio 2023, ovvero sostegno a famiglie e imprese e consolidamento della fiducia degli investitori. Insiste però sulla necessità di «proseguire nel sentiero di riduzione del peso del debito pubblico» per «riportare le condizioni finanziarie del Paese in linea con quelle dei principali paesi dell’area euro» e ritiene che «un impulso significativo alla crescita economica verrà dalla realizzazione degli interventi previsti dal PNRR, in parte senza costi immediati per il bilancio (per i trasferimenti), in parte con costi inferiori a quelli di mercato (per i prestiti)».