Social lending: la community che fa credito

di Paolo Sebaste

Pubblicato 27 Novembre 2008
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:42

La crisi finanziaria ha reso le banche ancora più prudenti di prima nel concedere crediti e finanziamenti, stringendo ancora di più i cordoni di una borsa che tutto sommato non è mai stata così prodiga.

L’intermediazione delle banche sui prestiti, soprattutto su quelli a breve termine è quindi percepita come troppo onerosa sia sul piano delle condizioni economiche richieste per la restituzione che nei termini generali per la concessione del credito.

Gli effetti di questo nuovo giro di vite? Dall’altro lato della barricata, i soggetti che normalmente chiedono e utilizzano tali finanziamenti per svolgere attività  di impresa, hanno iniziato a guardarsi intorno.
Anzi, a guardarsi in rete, al fine di trovare soluzioni più accessibili e sostenibili in risposta alle proprie esigenze di liquidità .
In altre parole, ottenere denaro in prestito a un costo inferiore rispetto ai criteri del sistema creditizio tradizionale.

Cresce dunque l'interesse (e soprattutto le richieste) per il sistema di prestiti peer-to-peer, erogati attraverso il social lending (prestito sociale).
Si tratta di un fenomeno nato nel Regno Unito nel 2005 dall'incontro tra Web 2.0 e Finanza e approdato in Italia a gennaio 2008.

Il sistema permette l'incontro tra domanda e offerta di denaro tra semplici utenti della rete, con il risultato di incentivare l’incremento dei tassi di interesse per chi presta, ma anche di spuntare tassi più favorevoli per chi chiede un prestito.

In Italia, attualmente, le due realtà  più attive del settore sono Boober e Zopa, che recentemente hanno visto aumentare in modo significativo visite e registrazioni ai rispettivi siti.

Ciò non ha tuttavia portato a grossi aumenti (15 – 20%) nella conclusione di nuovi accordi mentre, in qualche modo, si rileva anche in questo settore una tendenza significativa al peggioramento della qualità  del credito.
Proprio il comportamento più prudente delle banche tradizionali ha convogliato potenziali clienti in difficoltà  dai normali canali di credito, alcuni dei quali convinti che i controlli sul Web siano più facili da superare. Speranze che vengono tuttavia deluse dallo svolgimento di accertamenti sul merito di credito e dalla conseguente attribuzione di un rating che, allo stato attuale, fissa a circa il 40% il limite delle richieste approvate.

Il social lending può dunque rappresentare, anche per le Pmi e le microimprese, uno degli strumenti disponibili per risolvere temporanee esigenze di liquidità  legate, ad esempio, al ritardo dei pagamenti, tenendo comunque a mente che anche sul web 2.0, quando si parla di credito, i soggetti operano all'interno di un sistema di regole, a garanzia sia di chi presta che di chi riceve denaro.