Pmi italiane: diversity management o gestione delle diversità ?

di Alessia Valentini

Pubblicato 17 Aprile 2008
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:44

Quando si parla di “diversity management” in azienda, non sempre è facile comprendere di cosa si stia parlando. In realtà , si tratta di un concetto complesso, che va analizzato nella sua doppia accezione, positiva e negativa.

Per prima cosa va detto che la differenza fra “diversity management” e “gestione delle diversità ” non è immediata: quest’ultima, infatti, non riguarda ad esempio solo la categoria dei lavoratori diversamente abili ma abbraccia anche altre forme di gestione (come quella degli immigrati sul posto di lavoro) e di operato in azienda, e spesso con una valenza discriminante. In generale, però, è bene non dimenticare che implica una serie di adempimenti a norma di legge, che tutte le aziende dovrebbero rispettare.

Con “Diversity management”, invece, si intende qualcosa di più, dal momento che questo concetto tratta la valorizzazione delle differenze all’interno di un’azienda per consentire a tutti i dipendenti di realizzare un contributo pieno nel proprio lavoro, pur rispettando le singole differenze.

Tali differenze fra individui riguardano il genere origine etnica, background culturale, età , reddito, condizione familiare ed esperienza professionale.

Alcune grandi aziende italiane si sono dotate di programmi interni di diversity management per trarre vantaggio dalle differenze che caratterizzano ogni dipendente, potendo disporre dei necessari capitali per progetti interni come questo.

Lo scenario interno di una Pmi, invece, si presenta molto diverso. Questo perché, innanzitutto, non si dispone di ingenti cifre e di personale da dedicare allo sviluppo di un processo interno di cambiamento così importante. Spesso, poi, le Pmi non sono affatto organizzate per processi, tanto che implementarne uno nuovo viene considerato inutile.

Oltretutto, le Pmi sono spesso aziende di piccole dimensioni e in genere, in queste realtà , è possibile trattare la diversità  secondo buon senso, comprensione e fiducia, basandosi sulla profonda conoscenza reciproca come spesso accade nella aziende familiari, dove i collaboratori sono semplicemente parte della famiglia allargata!

Su queste tematiche, le Pmi sono parzialmente supportate dalla Commissione europea che ha pubblicato un piccolo vademecum per aiutare i piccoli imprenditori nella gestione delle diversità  fra dipendenti.

Anche in Italia sono presenti osservatori permanenti sul lavoro degli immigrati: ad esempio, la caritas diocesana, o l’osservatorio permanente di Veneto immigrazione forniscono dati sulla percentuale di stranieri che lavorano nel territorio italiano e nelle Pmi locali. Inoltre in Italia è presente il Laboratorio armonia che supporta le grandi e piccole aziende nell’introduzione di programmi di diversity management.