Chrysler: motori per la Fiat 500 entro fine 2010

di Emanuele Menietti

18 Dicembre 2009 14:00

Entro la fine del 2010, Chrysler e Fiat inizieranno la produzione negli Stati Uniti del motore Fire 1,4 litri multiair. Il propulsore sarà utilizzato a partire dal 2011 per la Fiat 500 nelle Americhe

Il Gruppo Fiat e il Gruppo Chrysler avvieranno la produzione negli Stati Uniti del propulsore per la Fiat 500 a partire dalla fine del prossimo anno. La conferma è giunta direttamente dall’amministratore delegato del Lingotto, Sergio Marchionne, che nella giornata di ieri ha annunciato il piano per l’avvio della costruzione del motore Fire 1,4 litri, passaggio fondamentale per portare sul mercato statunitense la nuova versione della celebre utilitaria a partire dal 2011.

Stando alle prime informazioni, il propulsore sarà costruito in uno stabilimento nei pressi di Detroit, la capitale dell’auto degli Stati Uniti, mentre la Fiat 500 sarà assemblata in Messico come già previsto nel piano di rilancio di Chrysler Group presentato circa un mesa fa. Il motore, ha ricordato Marchionne, garantirà minori consumi e consentirà di ridurre le emissioni del 20% rispetto a soluzioni analoghe ormai datate.

Per avviare la costruzione del propulsore Fire 1,4 litri, Chrysler investirà circa 179 milioni di dollari e darà lavoro a quasi 155 nuovi impiegati nello stabilimento Gema di Dundee nei pressi di Detroit. Per Marchionne, l’investimento costituisce «un ulteriore passo che dimostra la nostra intenzione di rispettare la promessa dell’alleanza strategica tra Chrysler e Fiat e la sostanza del piano presentato a novembre». Il progetto prevede, infatti, un progressivo rilancio dei principali brand di Chrysler messi a dura prova dalla crisi economica e da precedenti strategie aziendali poco felici che hanno portato il gruppo sull’orlo della bancarotta.

La Fiat 500, automobile sulla quale convergono le curiosità di numerosi potenziali clienti statunitensi, rientra nei piani per il rilancio di Chrysler e dovrebbe configurarsi come una sorta di cavallo di Troia da utilizzare per attirare i consumatori nelle concessionarie del gruppo. La piccola automobile costituisce, inoltre, il portabandiera della società del Lingotto e potrebbe aprire la strada all’introduzione di altri modelli italiani negli Stati Uniti.

La decisione di produrre il propulsore Fire 1,4 litri con tecnologia Multiair, una esclusiva negli USA per Chrysler, ha inoltre consentito di dare un futuro allo stabilimento di Dundee che a causa della ristrutturazione del produttore di auto statunitense avrebbe rischiato di chiudere. Tale eventualità è stata scongiurata anche grazie a un impegno diretto dello Stato del Michigan, che ha offerto alcuni benefici fiscali a Chrysler in cambio di un investimento di circa 179 milioni di dollari per mantenere attivo lo stabilimento e non pedere posti di lavoro. In assenza di un accordo, la produzione del motore progettato da Fiat sarebbe stata avviata presso Saltillo in Messico, in una fabbrica molto vicina agli stabilimenti che si occuperanno della costruzione della nuova Fiat 500.

La rete di produzione sarà in grado di gestire la costruzione di circa 100mila unità su base annua. Valutata la risposta dei consumatori, Fiat e Chrysler potranno decidere di espandere la capacità degli stabilimenti per aumentare la produzione e rispondere al meglio alle esigenze della clientela. Circa il 50% delle Fiat 500 saranno distribuite negli Stati Uniti e in Canada, mentre la restante metà sarà destinata all’America del Sud, principalmente in Brasile.

Oltre ad annunciare l’avvio entro la fine del 2010 del propulsore, Sergio Marchionne ha confermato la tempistica individuata circa un mese fa per riportare entro due anni Chrysler Group sui binari della stabilità economica. «La mia esprienza mi dice che tutto ciò non potrà essere realizzato in meno di 24 mesi. Cerchermo di fare tutto velocemente. Ma solo verso la fine del 2011 e i primi tempi del 2012 sarete probabilmente in grado di dire come stia andando il nostro piano» ha confidato l’AD del Lingotto ai giornalisti, che ha infine ventilato l’ipotesi di lasciare in futuro la gestione della divisione USA con un laconico: «Non credo lavorerò 24 ore al giorno, 7 giorni su 7, per sempre».