Fiat: Montezemolo conferma dialogo aperto e trasperente con governo

di Emanuele Menietti

5 Febbraio 2010 14:30

Luca Cordero di Montezemlo rivendica di non aver mai ricevuto un Euro dallo Stato per Fiat da quando ne è presidente e riconferma la natura aperta e trasparente del confronto col governo. Sul tavolo argomenti delicati come incentivi e Termini Imerese

«Da quando ci siamo noi, la Fiat non ha ricevuto un Euro dallo Stato». Non sembra avere molti dubbi in proposito il presidente della società torinese Luca Cordero di Montezemolo, da poco intervenuto all’inaugurazione dell’anno accademico della Luiss e determinato a fare chiarezza sull’ultimo difficile confronto con il governo sul destino di Fiat in Italia e degli incentivi per rivitalizzare il mercato dell’auto. Dichiarazioni nette e piene di orgoglio per i risultati raggiunti dal Lingotto, ma al tempo stesso accomodanti nei confronti degli ambienti governativi.

«Ho visto delle cifre che dicono che gli incentivi, che sono dati non alle aziende ma ai consumatori, sono andati per il 70 per cento alle aziende straniere, solo il 30 per cento alla Fiat. Quindi credo che si debba uscire da un approccio demagogico e guardare alla realtà così com’è» ha poi aggiunto Montezemolo, tornando sul delicato tema degli incentivi già affrontato nel corso degli ultimi giorni da Sergio Marchionne. Dopo aver definito gli incentivi una risorsa fondamentale per dare ossigeno al comparto auto, nella giornata di ieri l’amministratore delegato di Fiat è infatti tornato sui propri passi etichettando come non essenziali gli aiuti di Stato.

Secondo i vertici della società torinese, l’attuale momento di incertezza sulla possibilità per i consumatori di usufruire di nuovi incentivi non avrebbe giovato al mercato. Terminata la fase di aiuti dello scorso anno, il mercato ha subito nel mese di gennaio una sensibile flessione dovuta all’attesa da parte degli acquirenti del ventilato nuovo piano di incentivi per il 2010. Fiat attende dunque parole chiare da parte del governo per chiudere il periodo di incertezza e agire di conseguenza con le «mani libere».

Una presa di posizione condivisa dalla presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, che ha sottolineato come una politica industriale stabile per il medio periodo possa sortire molti benefici in più rispetto alla semplice emissione di incentivi, che a lungo andare possono drogare il mercato e preparare spiacevoli contraccolpi: «Se si fanno stabilimenti, anche fortemente sussidiati, ma che non hanno una ragione economica non c’è incentivo che tenga. Termini Imerese è uno stabilimento che non da oggi ha problemi di minore produzione, logistici e di scarsa efficienza. Il tema vero non è quello di obbligare un imprenditore a mantenere uno stabilimento, ma di reimpiegare le persone. Si sta ragionando proprio su questo, e c’è anche la disponibilità della Fiat a contribuire. Questo è un atteggiamento giusto. Se a Termini non si produrranno auto, il nostro tema sarà quello dell’impiego».

Il delicato argomento dello stabilimento di Termini Imerese è stato sfiorato anche da Luca Cordero di Montezemolo, molto attento a calibrare le parole in un momento difficile per le forti tensioni sociali: «Le scelte industriali, che servono a mantenere competitiva un’azienda, non possono essere disgiunte dal farci carico dei problemi delle nostre persone». Una dichiarazione tesa ad ammorbidire i toni anche in seguito alle prime indiscrezioni sul piano di cessione dello stabilimento siciliano. Secondo Fiat, circa la metà dei dipendenti di Termini Imerese avrebbe i requisiti per la mobilità e il seguente aggancio con la pensione. Oltre 800 dipendenti dei 1658 dello stabilimento potrebbero dunque intraprendere la strada verso il pensionamento, una soluzione sulla quale i sindacati sembrano avere numerose riserve.

Nonostante i rapporti tesi degli ultimi giorni, il presidente di Fiat ha ribadito l’intenzione di mantenere con il governo un confronto chiaro e positivo, basato quanto più possibile sul dialogo. Infine, una assicurazione sul destino generale della fabbrica alla luce della nuova avventura con Chrysler negli Stati Uniti: «Fiat è e rimane italiana. Non solo perché è l’unica azienda il cui nome è Fabbrica Italiana Auto Torino, ma anche perché da quando sono presidente e Marchionne è amministratore delegato, cioè dalla metà del 2004, abbiamo investito nel mondo 25 miliardi di Euro e in Italia oltre 16. Oltre due terzi sono stati investiti in Italia e intendiamo andare avanti su questa strada».