Nuova giornata negativa sui mercati. A fare da protagonista, è ancora la crisi del debito, sia in Europa che negli Stati Uniti. Perchè da una parte sono arrivati i giudizi delle agenzie di rating sulla nuova situazione della Grecia dopo il piano di aiuti deciso la scorsa settimana, e Moody’s ha portato il rating a un passo dal default.
Dall’altro c’è la ormai quasi emergenza americana, dove proseguono i colloqui fra democratici e repubblicani ma in realtà non c’è ancora un accordo sull’innalzamento del tetto del debito necessario per evitare il default.
Piazza Affari è la peggiore in Europa, a metà giornata gli indici perdevano oltre l’1% e dopo l’apertura di Wall Street, che come ampiamente previsto è stata negativa, le flessioni hanno superato il 2%.
Partiamo dalla Grecia. L’ultimo report è quello di Moody’s, che ha tagliato di tre gradini il giudizio sulla Grecia, portandolo a “Ca” da “Caa1”. Si tratta del notch subito sopra il livello che indica il default, che dopo il piano deciso dall’Ue la scorsa settimana secondo l’agenzia di rating è pari «virtualmente al 100%».
Moody’s ritiene che il piano renda più facile la riduzione del debito greco, ma stabilisce anche un precedente negativo. Il piano prevede, fra le altre misure, la sostituzione di obbligazioni greche con nuovi titoli, e secondo l’agenzia questo «significa che o creditori privati subiranno perdite».
Si tratta tutto sommato di un’analisi molto simile a quelle presentate nei giorni scorsi da S&P e Fitch, anche se il rating di queste ultime è stato meno severo, in entrambi i casi superiore di un gradino a quello di Moody’s.
E passiamo agli Usa, che in queste ore stanno tenendo la comunità finanziaria con il fiato sospeso ben più della Grecia. Perchè il termine entro il quale è assolutamente necessario arrivare a un accordo che consenta di alzare il tetto del debito per legge è il 2 agosto. Se il Congresso entro questa data non dovesse riuscire a votare il provvedimento, tecnicamente gli Stati Uniti fallirebbero, non essendo in grado di rispettare una serie di scadenze.
Il fine settimana è stato tutto dedicato a una trattativa fra democratici e repubblicani che fino ad ora non ha avuto esito positivo. I repubblicani sono favorevoli a un accordo in due fasi, che prevede subito tagli per mille miliardi di dollari e nel 2012 nuove riduzioni da stabilire in base ai lavori di un’apposita commissione. I democratici invece propongono tagli per 2,4 miliardi da accompagnare con aumenti delle tasse.
E soprattutto soo contrari a qualsiasi piano che preveda di spostare i sacrifici sul 2012, l’anno della campagna presidenziale. Come si vede, il problema è molto politico. La necessità di trovare un accordo è determinata dal fatto che i democratici sono in maggioranza al Senato ma i repubblicani, dopo le elezioni di mid-term, hanno più deputati alla Camera. Per fare una legge ci vuole quindi un’intesa bipartisan, visto che nessuna delle due parti ha i numeri per far passare la propria opzione.