Se l’azienda non va bene, il manager guadagna meno. Se il titolo in Borsa vola, invece, la retribuzione aumenta. Questo, in generale, il risultato della Exectuive Compensation, una ricerca che la Od&M Consulting ha effettuato analizzando i bilanci di 140 società quotate in Borsa e controllando le retribuzioni di circa 2.000 alti dirigenti.
Il primo punto che emerge dallo studio è che nonostante la crisi economica che attanaglia i mercati di mezzo mondo, le retribuzioni dei vertici delle aziende quotate non sono in crisi. Un altro punto che emerge è che vi sono sempre più manager – oggi sono il 44% del totale mentre pochi anni fa erano il 32 – i cui “conquibus” sono legati a doppio filo con i risultati della società che dirigono.
Molti consigli di amministrazione, quindi, hanno deciso l’introduzione di questa che è chiamata parte variabile e che, comunque, è salita di valore (in certi casi è più che raddoppiata, avendo raggiunto un +130%) al punto che incide per il 30% degli emolumenti totali.
In base alle rilevazioni di Od&M Consulting, i “paperoni” delle società quotate in borsa sono i direttori generali, che ogni anno ricevono in media 1.103.896 euro, circa 200.000 in più degli amministratori delegati e oltre mezzo milione in più dei presidenti dei Cda, fermi a quota 582.000. Scendendo in classifica, si trovano i dirigenti con responsabilità strategiche e i consiglieri di gestione, con 452.820 e 351.857 euro di stipendio medio annuo. A seguire, gli amministratori esecutivi con 297.422, i vicepresidenti dei Cda (con 254.509 e i membri del consiglio di sorveglianza 155.890 euro.
Sono invece i top manager delle società operanti nel settore finanziario quello che riescono a garantirsi stipendi più elevati dei loro colleghi di altri segmenti visto che i CEO arrivano in media a 1,82 milioni di Euro ogni anno.