In Europa cresce l’allarme sulla dimensione del debito pensionistico. Secondo uno studio del Research Center for Generational Contracts della Freiburg University (in Germania), realizzato su mandato della Banca centrale europea (Bce), le obbligazioni dei fondi pensione statali europee, parte del cosiddetto debito implicito, ammontano a 30 trilioni di euro pari a 5 volte il debito pubblico di 19 paesi Ue. Germania e Francia rappresentano rispettivamente la cifra di 7,6 e 6,7 trilioni di euro che sommata costituisce il 47% del totale.
La situazione potrebbe diventare insostenibile considerando gli effetti dovuti al combinato disposto di recessione economica e politiche di austerità. Il quadro del deterioramento del rischio finanziario statale si completa se si tiene conto dei bassi tassi di natalità e dell’aumento dell’aspettativa di vita con una percentuale della spesa per prestazioni pensionistiche destinata a raggiungere il 14% nel 2060 in base ai calcoli del rapporto Bce.
Più fattori hanno un impatto sul livello della spesa pensionistica: una determinante importante è la crescita del numero delle persone anziane che definisce i potenziali futuri pensionati. Questo dato varia notevolmente tra i paesi presi in esame. Altri aspetti rilevanti sono il grado di indicizzazione delle pensioni e le caratteristiche dei sistemi pensionistici.
L’Italia ha uno dei più bassi tassi di fertilità in Europa con una percentuale di persone anziane (ultra sessantenni) in aumento rispetto al complesso della popolazione. In Europa d’altro canto vive la più alta percentuale di persone di età superiore ai 60 in confronto ad altre regioni del mondo che dovrebbe salire a quasi il 35% entro il 2050 dal 22% del 2009. Nei paesi sviluppati, la vita media sarà più o meno 83 anni nel 2050, rispetto ai circa 75 del 2009 (statistiche Onu).
Nei prossimi anni i governi dovranno far fronte al problema pressante della sostenibilità finanziaria dei sistemi di previdenza sociale legati all’impatto della maggiore longevità della popolazione.