Apple sta cambiando faccia: da quando Tim Cook ha preso la guida dell’azienda, dopo la scomparsa di Steve Jobs, sta modificando il proprio approccio con clienti e investitori. Il successo che sta ottenendo non ha pari, eppure se fosse nata in Italia, la situazione sarebbe completamente differente.
Secondo varie fonti, Apple avrebbe insolitamente chiesto ad alcuni azionisti di grande calibro un’opinione riguardo all’aumento delle liquidità e di altri asset aziendali, che alla fine di dicembre ammontavano a 97,6 miliardi di dollari. Anche i dirigenti di Cupertino sarebbero diventati più disponibili a parlare di bilancio, cosa che sotto la guida di Steve Jobs non si era mai verificata.
Lo scorso lunedì, Tim Cook ha indetto una conference call per annunciare che avrebbe pagato il suo primo dividendo da dicembre 2005 e ha annunciato l’avvio di un programa di riacquisto di azioni proprie del valore di 10 miliardi di dollari. Tale decisione è stata presa dopo aver ascoltato il parere degli azionisti, secondo Peter Oppenheimer, CFO dell’azienda. Un approccio dunque completamente cambiato rispetto a quanto visto in passato, che rappresenta un punto di svolta nell’amministrazione Apple.
Il consiglio di amministrazione, secondo Tim Cook, stava da qualche settimana attivamente pensando a cosa fare con l’eccesso di liquidità di cui dispone l’azienda. Nelle sue casse, vi sono 97,6 miliardi di dollari, una capitalizzazione di indubbio spessore. Eppure, se Apple fosse stata italiana, nel suo bilancio vi sarebbero stati numeri decisamente minori.
Negli ultimi cinque anni, Apple ha versato in tasse 20,9 miliardi di dollari, pagando aliquote comprese tra il 24,2% e il 31,75%, ma se avesse avuto la sede a in una città italiana e non a Cupertino, avrebbe dovuto pagare 24,7 miliardi di dollari in più. Ciò viene calcolato applicando l’aliquota media relativa alla pressione fiscale sulle aziende italiane, pari al 58%.