In Italia il mercato delle automobili ha avuto un tonfo nel mese di marzo e nel 2012 si attesterà a quota 1.500.000 vetture. Lo ha detto Sergio Marchionne, intervenendo in un convegno organizzato a Torino dall’associazione Italia Futura di Luca Cordero di Montezemolo.
L’amministratore delegato di Fiat ha anche aggiunto che dal 2007 la perdita di volumi si aggira intorno al 40% e, in un discorso tenuto a Milano, all’Università Bocconi, che il settore auto soffre da anni in Europa di una sovraccapacità produttiva cronica nell’ordine del 20%.
Parole pesanti che indicano la necessità di una riorganizzazione imprenditoriale con sfide importanti per le case automobiliche da affrontare nel futuro. Fiat, sostiene Marchionne, attraverso l’accordo con Chrysler ha portato avanti un piano di rilancio centrando tutti i target stabiliti e vendendo oltre quattro milioni di veicoli l’azienda è diventata il settimo costruttore mondiale.
L’obiettivo è però produrre 6 milioni di vetture l’anno, quantità che rappresenta “la soglia minima per garantire a un costruttore generalista un adeguato ritorno economico” e il gruppo conta di raggiungere questa cifra nel giro di 3 anni con almeno un milione di autoveicoli derivati dalla stessa piattaforma.
Fiat, ha ribadito Marchionne, non lascia l’Italia, anzi il manager italo-canadese ha avuto accenti critici con una certa tendenza a delocalizzare le attività industriali instaurata nel settore auto, spesso usata come misura di difesa per affrontare la guerra sui prezzi, che tuttavia può comportare conseguenze pericolose nel territorio d’origine, in termini di perdita di posti di lavoro, di competenze e di stabilità economica.