La riforma del mercato del lavoro preoccupa aziende e banche, che hanno diramato una nota in cui esprimono un concetto molto chiaro: all’Italia servono cambiamenti come si deve.
“Siamo molto preoccupati per le notizie che stanno trapelando in merito alla riforma del mercato del lavoro” si legge in una nota congiunta di Abi, Alleanza delle Cooperative Italiane, Ania e Confindustria. “Al Paese serve una buona riforma e che, piuttosto che una cattiva riforma, è meglio non fare alcuna riforma. L’impianto complessivo della riforma già irrigidisce il mercato del lavoro riducendo la flessibilità in entrata e abolendo, seppur gradualmente, l’indennità di mobilità, strumento importante per le ristrutturazioni aziendali. Queste maggiori rigidità trovavano un logico bilanciamento nella nuova disciplina delle flessibilità in uscita”.
A tale proposito, le organizzazioni firmatarie dell’appello hanno sottolineato anche che “Le modifiche che oggi vengono prospettate sulla stampa vanificano il difficile equilibrio raggiunto e rischiano di determinare, nel loro complesso, un arretramento piuttosto che un miglioramento del nostro mercato del lavoro e delle condizioni di competitività delle imprese, rendendo più difficili le assunzioni. Tra queste modifiche risultano inaccettabili, in particolare, la diversa disciplina per i licenziamenti di natura economica e quella che va complessivamente configurandosi per i contratti a termine, specie per quelli aventi carattere stagionale. Se queste notizie dovessero trovare conferma non può che ribadirsi che al paese serve una buona riforma e che, piuttosto che una cattiva riforma, è meglio non fare alcuna riforma”.
Intanto anche il governatore della Bce, Mario Draghi, è intervenuto sulla questione dicendo che la flessibilità e la competitività del mercato del lavoro sono “cruciali” per il funzionamento delle economie dei Paesi che fanno parte dell’area Euro
Un documento ufficiale del PdL chiede invece di rivedere il capitolo sulla flessibilità in entrata. La nota, era composta da 7 punti:
– nel primo si sottolinea il rischio degli effetti retroattivi delle nuove norme e dei conseguenti contenziosi definiti potenzialmente come “devastanti”
– nel secondo si tocca invece la questione delle partite Iva: sicurezza per quelle “buone”, escludendo dai nuovi paletti i “rapporti di consulenza che richiedano un apporto di competenza professionale specifica nella fase operativa”
– nel terzo, si parla di apprendistato: “Costringere le imprese ad assumere almeno il 50% degli apprendisti costituirà nei fatti una forte limitazione nell’uso dell’istituto”
– nel quarto il PdL suggerisce di eliminare “l’obbligo delle comunicazioni preventive previste almeno nel caso di part time
– quinto: i parlamentari sottolineano di “non condividere la logica di far costare di più il contratto a termine”
– nel sesto si esprime invece preoccupazione sul fatto che alcune norme della legge Biagi vengano eliminate
– nel settimo, si tocca il tema dell’inclusione “dei periodi di lavoro in regime di somministrazione a termine nei limiti complessivi ammessi per il lavoro a termine”.
Critiche, invece, sono giunte dal leader dell’IdV, Antonio Di Pietro, e dal segretario della Cgil, Susanna Camusso: quest’ultima ha detto di attendere il testo definitivo della legge per commentare. Il primo ha invece usato toni veementi verso il governo, suggerendo di cambiare la legge elettorale prima di modificare l’Articolo 18.