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Social Media meno oggi importanti negli acquisti

di Filippo Vendrame

Pubblicato 29 Settembre 2014
Aggiornato 12 Febbraio 2018 19:33

Rispetto a due anni fa, i consumatori considerano oggi i Social Media una componente meno importante del percorso di acquisto (che va dalla consapevolezza dell’offerta fino alle interazioni post-vendita), spiazzando i marketer del Retail. Si classificano in coda rispetto a negozi fisici, Web, Mobile, Email e Tecnologie in-store. Il trend è stato individuato dall’autorevole report globale “Digital Shopper Relevancy” di Capgemini: c’è dunque da fidarsi.

Internet resta in assoluto il canale preferito (anche più dei negozi fisici) per perfezionare le decisioni di acquisto, con il 75% dei consumatori che lo considera importante o molto importante per la ricerca di informazioni finalizzate allo shopping. Tuttavia, rispetto al 2012 viene oggi attribuita meno importanza al fatto di seguire i retailer sui Social Media (come Twitter e Facebook), scoprire nuovi prodotti sui blog e partecipare alle community online riservate ai clienti dei retailer.

Il negozio fisico resta invece il canale preferito per effettuare l’acquisto, ma il vantaggio rispetto a Internet è sottile. Nelle transazioni retail, il 72% degli acquirenti considera il negozio importante o molto importante rispetto al 67% di Internet. Solo il 14% considera meno importante il negozio fisico. Tuttavia, la maggioranza degli acquirenti (51%) indica la volontà di spendere di più in futuro sull’online che nei negozi.

Oltre alla enorme diffusione degli smartphone, le interazioni digitali in-store (es. tramite chioschi) sono molto apprezzate dagli acquirenti a suggerire che l’introduzione di ulteriore tecnologia nei punti vendita potrebbe trainarne il successo.

A livello globale oltre un terzo dei consumatori ritiene di non disporre di informazioni chiare circa il modo in cui i rispettivi dati personali vengono utilizzati dai retailer (1/4 non si aspetta che attingano allo storico dei rapporti al fine di fornire un servizio migliore). E se metà del campione non crede che li utilizzino responsabilmente, un terzo non desidera che i dati social vengano adoperati.