Contratti pubblici: sblocco senza arretrati

di Barbara Weisz

Pubblicato 25 Giugno 2015
Aggiornato 26 Giugno 2015 19:43

La Corte Costituzionale dichiara illegittimo il blocco dei contratti pubblici dal 2010 ma senza effetto retroattivo sugli stipendi per evitare un nuovo buco di bilancio: la sentenza.

Lo sblocco dei contratti pubblici ha effetti solo per il futuro: la sentenza della Corte Costituzionale – che ha bocciato lo stop ai rinnovi dal 2010 – non ha infatti alcun effetto retroattivo. In pratica, la contrattazione riprenderà ma non è dovuto alcun rimborso per il mancato rinnovo. La Consulta ha comunicato di aver rilevato

«l’illegittimità costituzionale» del «blocco della contrattazione collettiva per il lavoro pubblico, quale risultante dalle norme impugnate e da quelle che le hanno prorogate».

Ma ha stabilito che l’effetto della sentenza abbia decorrenza con la pubblicazione della stessa, quindi entro 20 giorni dal deposito (avvenuto il 24 giugno). Significa che il blocco contratti pubblici non sarà più possibile, ma il pregresso non si tocca, e questo per le casse dello Stato evita un buco da circa 35 miliardi di euro.

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La vicenda è partita da ricorsi sindacali, in relazione ai quali i tribunali di Roma e di Ravenna hanno chiesto l’intervento della Consulta. La decisione dei giudici dell’Alta Corte è stata difficile, con una camera di consiglio durata due giorni, ma alla fine il verdetto è stato unanime. Di fatto, la Corte Costituzionale ha accolto la richiesta dell’Avvocatura dello Stato, che ha chiesto il rispetto dell’articolo 81 della Costituzone (pareggio di bilancio).

Soddisfatti i sindacati, che chiedono al Governo la riapertura dei contratti per 3 milioni e mezzo di lavoratori del settore pubblico. Il segretario della Uil Carmelo Barbagallo avverte: «il fatto che il blocco non sia stato considerato illegittimo per il passato non ci impedisce di rivendicare il “maltolto”». Sul fronte del Governo, il sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti esprime a sua volta un parere positivo sulla sentenza («il blocco dei salari non ci è mai piaciuto perché è un taglio lineare»), e aggiunge che ora la sfida è quella di garantire «scatti salariali a chi fa il suo dovere» smettendo però «di attribuire retribuzioni variabili a pioggia».

La bocciatura della Consulta segue di poche settimane quella sulla dell’indicizzazione delle pensioni superiori a tre volte il minimo per gli anni 2012-2013: difficile non accostare due sentenze che toccano da vicino le tasche dei contribuenti e riguardano entrambi provvedimenti di politica economica, ma con una differenza fondamentale. La sentenza sulle pensioni ha comportato una parziale restituzione di quanto non incassato dai pensionati (decisa con l’apposito decreto pensioni del Governo), mentre in questo caso, per preservare i conti pubblici, non sono previsti arretrati.