Licenziamento senza preavviso e condanna penale

di Filippo Davide Martucci

Pubblicato 5 Febbraio 2016
Aggiornato 17 Gennaio 2017 10:13

È legittimo il licenziamento senza preavviso anche in caso di patteggiamento senza sentenza di condanna: sentenza della Cassazione.

Se nel contratto collettivo di riferimento si ammette che una sentenza penale di condanna sia fatto idoneo a consentire il licenziamento senza preavviso, questo è legittimo anche in caso di patteggiamento della pena. Lo ha affermato la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24828 del 9 dicembre 2015, negando il ricorso avanzato da un ex dipendente dell’Agenzia delle Entrate.

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Condannato per i reati di concussione, falso materiale e falso ideologico, il lavoratore aveva inizialmente impugnato il licenziamento deciso dall’Amministrazione finanziaria e comunicato senza preavviso, provvedimento ritenuto tuttavia legittimo dal Tribunale di Milano e dalla Corte d’appello di Milano.

Proponendo il ricorso in Cassazione, il dipendente sosteneva l’insufficienza della sentenza di patteggiamento ai fini del riconoscimento della responsabilità disciplinare, rilevando anche la mancanza di istruttoria disciplinare in sede civile e sottolineando che le accuse mosse in sede penale erano infondate.

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso ribadendo che le sentenze di applicazione della pena su richiesta delle parti (patteggiamento) hanno efficacia di giudicato nei giudizi disciplinari che si svolgono davanti alle pubbliche autorità quanto all’accertamento del fatto, alla sua illiceità penale e all’affermazione della responsabilità penale dell’imputato.

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Pertanto il patteggiamento presuppone pur sempre un’ammissione di colpevolezza ed esonera il giudice disciplinare dall’onere di verifica sul punto. Se è vero che una sentenza di patteggiamento non equivale, dal punto di vista tecnico, ad una sentenza di condanna, può esercitarne i medesimi effetti nel momento in cui un contratto collettivo di lavoro si riferisca a una sentenza penale di condanna passata in giudicato.

In questo caso il giudice di merito può, nellinterpretare la volontà delle parti collettive espressa nella clausola contrattuale, ritenere che gli agenti contrattuali, nell’usare l’espressione “sentenza di condanna”, si siano ispirati al comune sentire che a questa associa la sentenza cd. “di patteggiamento” (ex art. 444 cod. proc. pen.), atteso che in tal caso l’imputato non nega la propria responsabilità, ma esonera l’accusa dall’onere della relativa prova in cambio di una riduzione di pena.