
I fringe benefit sono quegli elementi addizionali alla retribuzione che le aziende offrono ai propri dipendenti sotto forma di beni o servizi, tra i quali possono rientrare anche mutui o finanziamenti a lavoratori dipendenti (è il classico caso dei dipendenti bancari). Si tratta di una misura di welfare che mira a rendere più consistente lo stipendio netto in busta paga a fronte di una minore tassazione su alcune delle somme effettivamente godute.
Il rialzo dei tassi BCE vita, tuttavia, negli ultimi mesi ha sollevato un problema di conguagli fiscali molto elevati a causa del metodo di calcolo delle imposte sugli interessi agevolati, su cui i sindacati hanno chiesto una modifica, in merito alla quale è in corso un’istruttoria in Parlamento per valutare un intervento normativo sull’attuale metodo di ancoraggio del beneficio al Tur (Tasso ufficiale di riferimento) calcolato anno per anno in costanza di contratto.
Vediamo tutto.
Tassazione fringe benefit: quali agevolazioni?
La tassazione IRPEF in busta paga dei fringe benefit ai dipendenti non è equiparata a quella piena delle retribuzioni (e non è previsto assoggettamento a contributi obbligatori) entro la soglia ordinaria dei 258,23 euro.
Per il 2022 il DL Aiuti quater ha innalzato tale soglia a 3mila euro. Per il 2023 il tetto massimo è tornato quello ordinario ma il Decreto Lavoro concede un nuovo innalzamento a 3mila euro per dipendenti con figli minori a carico.
NB: se in sede di conguaglio il valore dei benefit concessi risulti superiori alla soglia maggiorata, il datore di lavoro deve assoggettare a tassazione l’intero importo corrisposto.
IRPEF sui fringe benefit mutui dipendenti?
Per quanto riguarda il prestito personale erogato al dipendente, il fringe benefit da tassare in busta paga corrisponderà all’effettivo costo sostenuto dall’azienda calcolato come il 50% della differenza tra il tasso di interesse concesso al dipendente e quello ufficiale di sconto.
In problema che sta emergendo dallo scorso anno, a seguito del rialzo costante dei tassi BCE (ossia l’aumento del costo del denaro deciso dalla Banca centrale europea a cadenza periodica per mitigare l’aumento dell’inflazione), si sono verificati conguagli IRPEF molto pesanti a causa del metodo forfettario di calcolo dei fringe benefit su mutui e prestiti ai dipendenti in busta paga.
Fringe benefit mutui dipendenti: come si calcola?
Per i mutui, i prestiti agevolati, le sovvenzioni, gli scoperti di conto utilizzati o qualsiasi altro prodotto che genera interessi passivi, la tassazione agevolata viene applicata sulla metà della differenza tra il tasso ufficiale di sconto BCE al 31/12 dell’anno di riferimento e il tasso di interesse applicato al finanziamento, moltiplicato per il debito residuo. Questo comporta un effetto retroattivo sulle rate annuali.
La differenza tra gli interessi agevolati e quelli a tasso BCE al 50%, corrisponde all’agevolazione per il dipendente, tuttavia questo importo non deve superare la soglia del fringe benefit altrimenti si applica la tassazione sull’intera agevolazione.
Calcolo quota fringe nei mutui: quale formula?
Se il Tasso BCE è maggiore del Tasso dipendente, la formula per calcolare la quota fringe benefit per i mutui è la seguente:
(Tasso BCE – Tasso dipendente) / 2 = % benefit
Successivamente, il % benefit viene moltiplicato per il debito residuo per ottenere l’ammontare del benefit che diventa reddito imponibile se superiore a 3000€ (2022) o 258-3000€ (2023).
Fringe benefit sui mutui cointestati: quali tasse?
Per quanto attiene i mutui cointestati, se si tratta di un altro dipendente la quota fringe benefit degli interessi sarà calcolata al 50% per ciascuno, se invece il cointestatario non è un altro dipendente dell’azienda, allora la quota interessi fringe benefit sarà interamente a carico del dipendente che fruisce del mutuo agevolato.