Manager “a tempo”: un supporto all’innovazione – 3

di Paolo Di Somma

Pubblicato 29 Ottobre 2007
Aggiornato 13 Gennaio 2012 15:37

Il temporary management è uno strumento per la gestione dei momenti critici dell'impresa. Chi sono i manager a tempo, quando e per cosa conviene utilizzarli?

L’identikit di un manager a tempo contempla voci legate alla sua età, alla sua esperienza alle sue capacità ed alle sue competenze. Di norma egli ha un’età compresa tra i 35 e i 50 anni, è laureato, e conta precedenti esperienze a livello gestionale e strategico, anche da imprenditore.

Il manager a tempo non si limita alla stesura teorica di solution plan (come farebbe invece un consulente aziendale) ma assume la piena responsabilità, anche esecutiva, nella gestione della situazione per cui è stato coinvolto. Resta comunque peculiare la caratteristica di lavorare in un tempo determinato, che a secondo dei casi può oscillare tra i sei mesi ed i due anni, che permette di ridurre l’impatto negativo all’interno dell’organizzazione.

Nelle PMI, in genere, le risorse umane “chiave” hanno un’elevata anzianità aziendale (spesso sono professionisti nati e cresciuti con l’azienda), e se da un lato possono sentirsi inadeguate a gestire situazioni sempre più complesse, dall’altro possono essere infastiditi dall’inserimento di risorse che vadano a turbare uno status consolidato, finendo col creare situazioni di tensione nell’organizzazione. Per queste persone, potrebbe essere più agevole abituarsi all’idea di collaborare a “tempo determinato” con un nuovo manager piuttosto che sentirsi obbligati ad accettare le decisioni di uno “venuto da fuori a comandare”.

Il rapporto di lavoro è, infatti, strettissimo e, come già accennato, i suoi effetti possono non esaurirsi con lo scadere del contratto. Il manager temporaneo, durante il suo mandato, si preoccupa di formare profili interni all’azienda che, una volta scaduto il suo contratto, diano continuità al lavoro intrapreso, in quest’ottica le risorse interne saranno maggiormente motivate a collaborare con il nuovo manager.

Detto ciò possiamo dissipare alcuni luoghi comuni su questa professione, che come vedremo tra poco, sta da circa venti anni affermandosi in Italia.

  • Il management temporaneo va distinto dalla consulenza: Il Manager temporaneo gestisce ed esegue, il consulente consiglia. Seppure c’è una forma di contatto tra queste due forme di servizi, legata alla temporaneità del contratto, l’elemento differenziante sono le deleghe operative di cui il manager dispone per gestire il progetto e raggiungere gli obiettivi definiti, e che un consulente non ha.
  • Non è una forma di lavoro interinale: esistono solo analogie di natura giuridica, il lavoro interinale opera su figure professionali generalmente di profilo più basso, quindi le logiche di impiego sono totalmente differenti.
    È una professione intensa e “full time”: non è un riempitivo tra due lavori, o un lavoro da manager “in pensione” o peggio ancora da manager “disoccupato”. È una professione dai contenuti molto elevati che richiede ottime qualità professionali e personali. Si tratta in genere di professionisti disposti a vendere know how, e a cui non interessa più una carriera di tipo tradizionale, cha hanno già svolto con successo e a cui hanno poco altro da chiedere.
  • Non è una professione adatta a tutti i manager: essere, o essere stato, un buon top manager non implica il passaggio diretto all’essere un buon manager temporaneo. Viste infatti le peculiarità di questa figura, come l’inserirsi in contesti nuovi in poco tempo, risultano particolarmente importanti le capacità umane del professionista, ovvero le sue capacità di adattamento alle nuove realtà, la sua empatia, il carisma.