


I lavoratori che andranno in pensione fra vent’anni avranno un tasso di sostituzione in genere inferiore all’80% e dal 2050 l’assegno previdenizale si abbasserà ulteriormente, anche se potrebbe salire anche di dieci punti percentuali se il lavoratore lavorasse un paio di anni in più. I calcoli sono della Ragioneria centrale dello Stato, contenuti nel Rapporto annuale, e misurano il tasso di sostituzione delle pensioni, ovvero l’importo dell’assegno previdenziale rispetto all’ultimo stipendio. I calcoli prendo in considerazione una serie di variabili, a partire dall’andamento del PIL, che incidono sul sistema. Il Rapporto, ipotizzando una crescita del PIL del +1,5%, analizza diversi scenari: il rapporto pensioni-ultimo stipendio per chi si ritira a partire dal 2020 e fino al 2060, quindi sia per chi è già vicino alla pensione sia per i 20 e i 30enni di oggi.
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Dipendenti
Un lavoratore che va in pensione con i requisti minimi avrà nel 2020 un tasso di sostituzione netto intorno al 77%, che non subisce particolari variazioni nel decennio successivo, mentre per chi si ritira dal 2040 (un 40enne di oggi) il tasso scende al 71%, per poi riportarsi al 73% dal 2050, quando a ritirarsi saranno i giovani d’oggi. Si tratta in tutti i casi di assegni inferiori, in termini relativi, a quelli ad esempio percepiti nel 2010 (tasso di sostituzione, 83%). Tutte queste cifre si riferiscono al rapporto fra pensione e ultimo stipendio di un lavoratore dipendente.
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Autonomi
I tassi di sostituzione degli autonomi sono generalmente, più bassi. Sempre prendendo in considerazione l’ipotesi del pensionamento con requisiti minimi:
- al 74,1% nel 2020;
- intorno al 68% nel 2030 e nel 2040;
- sopra il 72% dal 2050.
Attenzione, però: rispetto al 2010, quando erano al 94%, questi assegni subiranno una maggior decurtazione.
Pensione di vecchiaia
Nel caso in cui un lavoratore si ritiri con la pensione di vecchiaia (età + anzianità contributiva), il trattamento migliora. Per i dipendenti, il tasso di sostituzione (che era al 78,2% nel 2010), scende di qualche punto, al 75,5%, nel 2020, poi sale al 77% nel 2030, al quasi 80% nel 2040, sopra l’83% dal 2050. Per gli autonomi, invece, le differenze con l’ipotesi base (requisiti minimi) sono molto meno marcate: 72% nel 2020, 68% nel 2030, 70% nel 2040, 75% dal 2050. Tassi di sostituzione molto simili o di poco superiori a quelli dell’ipotesi precedente.
Fonte: il Rapporto annuale 2014 della Ragioneria dello Stato