Il fenomeno dei nomadi digitali è sempre più diffuso e ambito, tanto da coinvolgere oltre 35 milioni di professionisti a livello globale secondo i dati resi noti dal report 2022 stilato dall’Associazione Italiana Nomadi Digitali e AirBnB.
Se da un lato il 93% dei lavoratori italiani vorrebbe intraprendere questa strada avviando un’esperienza lavorativa da remoto per un’azienda estera, dall’altro lato il nomadismo digitale presenta luci e ombre.
Regole fiscali per nomadi digitali
Secondo la startup italiana Quickfisco, 3 remote worker su 10 vorrebbero maggiore supporto su materie fiscali e legali, anche stipulando convenzioni con organizzazioni o istituzioni che li aiutino a orientarsi in materia.
È sempre Quickfisco a fare chiarezza sull’esigenza di un quadro normativo per i nomadi digitali, che oggi è solo in parte definito, tanto a livello italiano quanto a livello europeo, soprattutto da un punto di vista fiscale.
Come ha sottolineato Antonino Rindone, CEO di Quickfisco, in Italia la figura giuridica del “nomade digitale” è stata inserita nel Decreto Sostegni-ter – che regola principalmente i casi di lavoratori stranieri che scelgono l’Italia per lavorare con aziende straniere, agevolandone gli adempimenti burocratici come permesso di soggiorno e nulla osta al lavoro – ma restano molte altre casistiche da regolamentare.
Un passo in avanti in questo senso lo ha compiuto il recente disegno di legge sulla fiscalità internazionale, approvato nei giorni scorsi in Consiglio dei Ministri. Il provvedimento affronta anche il caso della residenza fiscale dei domiciliati in Italia ma che lavorano alle dipendenze di aziende estere.
Restano però da chiarire le regole per i cittadini italiani che vivono oltre confine per buona parte del proprio tempo, lavorando con aziende italiane o estere:
qui si aprono problematiche principalmente previdenziali e fiscali, relative alla doppia imposizione (quindi, dove pagare le tasse e dove versare i contributi.
Linee guida per smart workers all’estero
Quickfisco ha stilato alcune linee guida rivolte ai professionisti interessati a ottenere maggiore flessibilità nella scelta del luogo di lavoro, tenendo conto degli aspetti normativi e fiscali.
- Visto per nomade digitale: è un’opportunità introdotta in numerosi Stati per facilitare la permanenza di residenti esteri che lavorano per un’azienda con sede in un’altra nazione, generalmente consentendo la permanenza per 12 mesi. Anche l’Italia ha introdotto una normativa dedicata ai talenti che arrivano dall’estero, in particolare extra-UE, concedendo un permesso di soggiorno semplificato fino a un anno.
- Rientro in Italia: per i talenti italiani che scelgono di fare ritorno in patria esistono agevolazioni ad hoc, sgravi fiscali che in passato hanno generato la detassazione dei propri redditi del 70% e in alcuni casi del 90%. Oggi si pensa a un ridimensionamento di questo beneficio, già a partire da gennaio 2024.
- Luogo di residenza: quando si sceglie il luogo in cui trasferirsi è importante prendere in considerazione anche la durata del visto, in modo da ottenere maggiore continuità. Anche la velocità di connessione non deve essere sottovalutata.
- Flessibilità per freelance e dipendenti: diventare nomadi digitali è più semplice per i freelance, mentre per i dipendenti di aziende pubbliche e private permangono vincoli che spesso impediscono di lavorare ovunque, soprattutto fuori dai confini nazionali per motivi assicurativi. Le imprese più all’avanguardia, tuttavia, stanno attivando anche la possibilità di mobilità internazionale per spostarsi tra le sedi dell’azienda.
- Collaborazione con aziende estere o italiane: un dipendente che lavora dall’Italia in remote working per un’azienda estera può dover gestire gli obblighi previdenziali ed assicurativi, ovvero INAIL e INPS, mentre cambia poco a livello fiscale. Un freelance deve invece gestire le specificità delle fatturazioni verso e dall’estero.