Formazione in azienda – 2: quando formare è un obbligo di legge

di Vincenzo Zeffiri

Pubblicato 4 Gennaio 2008
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:44

Passate le feste di Natale e Capodanno (a proposito: tanti auguri a tutti voi lettori), mi piacerebbe continuare il discorso iniziato lo scorso fine Dicembre sulla formazione aziendale.

Se per alcuni aspetti – come abbiamo visto – questa si appella infatti alla sensatezza e furbizia delle policy aziendali, per altri ben poco è lasciato a libere scelte di management.

In diversi ambiti della normativa relativa ad aspetti professionali e lavorativi è richiesto uno specifico percorso prima di poter ricoprire determinati incarichi. In altri termini taluni settori e in essi talune figure devono necessariamente avere frequentato corsi di formazione su specifici aspetti relativi alla loro professione.

Altro discorso meritano, invece, le direttive nazionali sulla formazione obbligatoria del personale aziendale in argomento di privacy e sicurezza.

A tal proposito si citano l’art 19 comma 6 dell’Allegato B al D.lgs 196/03 (Codice della privacy) che obbliga l’azienda a garantire la formazione dei responsabili del trattamento dei dati e il Capo VI nei suoi articoli 21 e 22 del D.lgs 626/94 (Codice in materia di sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro) che impone una formazione a largo raggio di tutti i dipendenti sugli argomenti che possano permettere il loro diritto-dovere a badare alla propria e altrui sicurezza.

Scendendo più in dettaglio nel caso della privacy la prescrizione mira a rendere consapevoli i titolari dei rischi che incombono sui dati, delle misure disponibili per prevenire eventi dannosi e dei profili della disciplina sulla protezione dei dati personali più rilevanti in rapporto all’attività  svolta.

Come tale il provvedimento è da considerarsi una misura minima di sicurezza e come tale obbligatoria in qualunque contesto e circostanza.

Nel caso della sicurezza del lavoro, invece, l’art 22 comma 1 del codice di riferimento recita:

Il datore di lavoro, assicura che ciascun lavoratore, ivi compresi i lavoratori di cui all’art. 1, comma 3, riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza e di salute, con particolare riferimento al proprio posto di lavoro e alle proprie mansioni.

Successivamente si precisa che la formazione

  • deve avvenire in occasione dell’assunzione, del trasferimento o cambiamento di mansioni e dell’introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze e preparati pericolosi (comma 2)
  • deve essere periodicamente ripetuta in relazione all’evoluzione dei rischi ovvero all’insorgenza di nuovi rischi (comma 3)

Si può notare come anche in questo caso la legge sia chiara e non lasci spazio a libera interpretazione.

La formazione aziendale come si può vedere è riconosciuta da taluni aspetti legislativi come forma essenziali ai fini del rispetto dei diritti del lavoratore ma anche del corretto svolgimento delle attività  dell’impresa.

Se in questi casi non si può in alcun modo contravvenire a quanto prescritto addossandosi gli oneri economici necessari, in altri casi le aziende sono libere di scegliere, si spera, in modo sensato e responsabile come comportarsi.