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Previdenza privata: pensioni dei professionisti a rischio

di Barbara Weisz

Pubblicato 11 Settembre 2014
Aggiornato 18 Settembre 2014 09:59

Una sentenza di Cassazione vanifica il criterio del pro-rata stabilito dalla Cassa dei Ragionieri per il calcolo delle pensioni già maturate: allarme dei professionisti e di tutte le casse private.

Rivolta delle Casse Previdenziali dei Professionisti che, in seguito a una recente pronuncia della Corte di Cassazione sul metodo con cui calcolare le pensioni, lanciano un SOS sulla propria sostenibilità. In parole semplici, a rischio ci sarebbero gli assegni pensionistici di milioni di professionisti. Tutto nasce con la sentenza n.17892/2014 dell’agosto 2014, che riguarda in particolare la previdenza dei Ragionieri, il presidente della cui Cassa, Luigi Pagliuca, ha lanciato l’allarme nel corso del Forum “Futuro delle Casse di previdenza” organizzato dalla CNPR (Cassa Nazionale Previdenza Ragionieri e Periti Commerciali).

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Allarme autonomia

Il punto è il seguente: con la sopra citata sentenza, la Cassazione ha di fatto cancellato gli effetti di una disposizione di legge contenuta nella Finanziaria 2013 (legge 147/2012) che, con il comma 488 dell’articolo unico, stabiliva:

«gli atti e le deliberazioni in materia previdenziale» delle Casse Private, anche se approvati prima del 2007 «si intendono legittimi ed efficaci a condizione che siano finalizzati ad assicurare l’equilibrio finanziario di lungo termine».

Calcolo pensione

Il riferimento al 2007 è fondamentale, perché questa norma di fatto costituisce un’interpretazione di quanto previsto da una precedente disposizione legislativa, contenuta nella Finanziaria 2007 (legge 296/2006) che rende più rigida l’applicazione del meccanismo pro-rata per il calcolo delle pensioni, applicato con il passaggio dal metodo retributivo a quello contributivo, e che parametra l’assegno previdenziale a quanto effettivamente versato.

=> Come si calcola la pensione con il sistema contributivo

Il punto, è ben sottolinearlo, non riguarda le pensioni future ma quelle già maturate dai lavoratori che, ritiratisi dopo la Riforma delle Pensioni del ’95, hanno avuto una parte dell’assegno calcolata con il contributivo. Di fatto, ci sono Casse che avevano già introdotto criteri più rigidi prima della Finanziaria 2007, provocando ricorsi e relative pronunce, per mettere fine ai quali era intervenuta la Finanziaria 2013, salvaguardando le decisioni delle Casse, anche se precedenti al 2007, in nome della primaria esigenza di tutelarne alla sostenibilità finanziaria.

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Sentenza Cassazione

Ed è su questo che interviene l’ultima pronuncia di Cassazione, stabilendo che una norma legislativa di interpretazione autentica (quale è quella contenuta nella Finanziaria 2013) non può avere effetto retroattivo. Mentre, in questo caso, la norma riconoscerebbe «legittimità ed efficacia, con effetto retroattivo e a distanza di oltre dieci anni» a «delibere peggiorative di una sola categoria di assicurati (già pensionati)». La sentenza parla di dieci anni perché la Cassa dei Ragionieri ha deliberato nel 2002 e nel 2003 sul passaggio al contributivo. Per la Cassa la conseguenza è un maggior costo di 15 milioni l’anno, con un abbattimento del patrimonio del 10% per pagare gli arretrati. Spiega Pagliuca:

«Di fronte a questa situazione, per garantire la sostenibilità delle pensioni presenti e future ho poche alternative: aumentare a dismisura l’età pensionabile o incrementare ulteriormente le quote contributive dell’attuale forza lavoro», entrambe ipotesi difficili da percorrere in un contesto di crisi.

Casse a rischio

E’ bene precisare una cosa: il problema, al momento, riguarda solo la Cassa dei Ragionieri (oggetto del ricorso in Cassazione) e non quelle degli altri professionisti (avvocati, ingegneri, archtietti, giornalisti e via dicendo). Ma è lo stesso Pagliuca a rispondere all’obiezione: «Oggi tocca ai ragionieri e ai loro 30mila iscritti, domani alle altre casse private che riuniscono 2 milioni di persone».

La richiesta è quella di un tavolo tecnico con il Governo per affrontare e risolvere la questione. Il rischio, è che le casse private non riescano più a far quadrare i conti e finiscano per appensantire ulteriormente quelli INPS. D’accordo il presidente ADEPP (istituti previdenziali dei professionisti), Andrea Camporese. Particolarmente agguerrito Alberto Brambilla, docente di gestione delle forme previdenziali pubbliche e complementari dell’Università Cattolica di Milano, il quale invita i giovani professionisti a «fare causa alla Cassazione», che con la sentenza in questione dimostra «ancora una volta come in Italia si guardi la forma e non la sostanza» perché n questo modo «si difendono i privilegi di chi ha pensioni generose a discapito delle future generazioni».

della Corte dei Cassazione